Sono pesanti le accuse di Kiev rivolte al Cremlino, nell’ambito dell’escalation del conflitto nell’est dell’Ucraina. Il segretario del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksandr Turcinov, denuncia che Mosca “ha completato la creazione di potenti forze di terra nel Donbass, organizzate in due corpi d’armata”. Sempre secondo Turcinov, il 40% dei soldati di questi due corpi d’armata proviene dai “territori occupati” del Donbass e delle unità militari fanno parte anche “soldati a contratto e mercenari provenienti dalla Russia”. I posti di comando, inoltre, sarebbero tutti occupati da “ufficiali di carriera russi”.
La notizia arriva all’indomani dell’accordo tra Poroshenko e i creditori per la ristrutturazione del debito, che ammonta a 18 miliardi di dollari, dal quale la Russia si è chiamata fuori, dichiarando che non parteciperà al piano di salvataggio. Quindi, Kiev dovrà ripagare a dicembre 3 miliardi di dollari di titoli di Stato, oppure dichiarare default.
In questo quadro il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha un bel dire, dunque, che l’intesa sul taglio del debito “mette in condizione l’Ucraina di andare avanti sulla strada delle riforme” necessarie per modernizzare la sua economia. Di fatto ancora una volta il destino del Paese è appeso a un filo nelle mani di Putin. Non per niente in giugno il presidente Petro Poroshenko aveva definito “una tangente” il prestito da 3 miliardi arrivato da Mosca, sostenendo in un’intervista aBloomberg che si era trattato di una mossa funzionale a mantenere Kiev nella sfera di influenza della Russia e allontanarla dall’Unione europea.