“Una settimana cruciale”: questa la definizione adottata dal segretario di Stato americano John Kerry per il round decisivo dei colloqui tra Iran e altre sei potenze mondiali in merito al programma nucleare voluto dal governo di Teheran. La deadline per il raggiungimento di un accordo è fissata per il 24. A Vienna c’è la possibilità di porre fine a una disputa lunga 12 anni, ma molto dipenderà dalla volontà di venirsi incontro. Da una parte i sei big (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania) premono per un ridimensionamento del programma calendarizzato dalla Repubblica Islamica. Dall’altra Teheran continua a ribadire il suo diritto all’uso civile dell’energia atomica.
Sul piatto della bilancia l’Occidente può mettere lo stop alle sanzioni che continua a devastare l’economia iraniana e “se le richieste non saranno eccessive – ha ammesso il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, un’intesa è ancora possibile”. Ad ogni modo, ha spiegato Kerry, non è possibile fare previsioni, anche “se speriamo di farcela”, l’importante è che la controparte “faccia tutto il possibile per mostrare al mondo che il suo programma nucleare è pacifico”.
Cautela e ottimismo insomma, le stesse sensazioni che sembrano animare anche il ministro degli esteri britannico, Philip Hammond: “Credo che arriveremo ad un accordo, ma non dovrà essere un cattivo accordo – ha spiegato – Questi negoziati sono estremamente duri e l’Iran deve mostrare maggior flessibilità se vogliamo farcela”.