Non votava da trent'anni il Kazakistan e la giornata del ritorno alle urne è stata tutt'altro che un'ordinaria tornata elettorale. Dopo la fine dell'era Nazarbayev, i cittadini kazaki sono tornati a esprimere il loro parere, anche se per larga parte di votanti si trattava di una prima volta e, per quanto riguarda i risultati, già secondo i primi exit-poll le elezioni avevano premiato Kassym-Jomart Tokayev, ex delfino dello storico capo di Stato, che avrebbe ottenuto una larghissima maggioranza di circa il 70% dei consensi, distanziando di diversi punti gli altri sei candidati (volti poco noti, quasi del tutto sconosciuti a livello internazionale) alla poltrona presidenziale del Kazakistan. Un voto che, come prevedibile, ha richiamato l'attenzione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, con 300 ispettori nel Paese a vigilare che le votazioni scorressero in modo corretto.
Dissidenti e proteste
Mentre per Nazarbayev inizia un processo di idolatrazione che, come primo effetto, ha portato la modifica del nome della capitale Astana in Nursultan (suo nome di battesimo), l'ex repubblica sovietica si avvia dunque a una nuova fase che, in larga misura, sarà contigua alla precedente. Nel frattempo però, il clima che ha accompagnato il voto si è contraddistinto per numerose tensioni, con i media locali a riportare informazioni secondo le quali sarebbero state arrestate centinaia di persone durante le manifestazioni di boicottaggio delle elezioni. Addirittura, secondo quanto riferito da un corrispondente di France Press, tra gli arrestati (almeno 500 stando ai numeri forniti) ci sarebbero anche due suoi colleghi, trattenuti per alcune ore prima di essere rilasciati, anche se a uno dei due pare sia stata requisita l'attrezzatura. Forti tensioni nelle maggiori città kazake, in primis Astana e Almaty, dove i manifestanti si sono radunati incitando gli elettori a non recarsi alle urne. Il leader dissidente nonché imprenditore kazako Mukhtar Ablyazov, aveva esortato i suoi sostenitori a scendere in piazza, affermando che il voto fosse predeterminato, mentre il Ministero dell'Interno kazako puntava il dito contro i manifestanti indicandoli come “elementi radicali che cercano di destabilizzare la società”. A sostenere le posizioni dei dissidenti, però, è arrivata anche Human rights watch, secondo la quale la prospettiva di un passaggio di potere democratico in Kazakistan era un'illusione.