Alle sei del mattino le dimensioni finali sono nette. Il Likud conquista 30 dei 120 seggi della Knesset; i Sionisti uniti, cioè laburisti più i centristi di Tzipi Livni, 24. Siamo a metà marzo, e il riconfermato premier Netanyahu si sbilancia: “Formerò un governo entro due-tre settimane”.
Ma è un’aspirazione destinata a naufragare. Oggi infatti il premier incaricato Benyamin Netanyahu si è recato dal Capo dello Stato israeliano Reuven Rivlin per chiedergli due settimane addizionali di tempo per formare una nuova coalizione di governo. Rivlin, in base alla legge, gli ha garantito i 14 giorni richiesti. Dopo un colloquio privato di mezz’ora con Rivlin, Netanyahu ha detto alla stampa di aver “compiuto progressi” negli sforzi di dar vita al nuovo governo, che sarà il quarto da lui presieduto. “Ma è necessario altro tempo”, ha aggiunto, per completare l’opera. Oltre al Likud – il suo partito, uscito vincente dalle elezioni – il nuovo governo dovrebbe includere, nelle intenzioni di Netanyahu, anche i centristi di Kulanu, i nazionalisti di Israel Beitenu e di Focolare ebraico, e due liste di ebrei ortodossi. Se riuscirà nel suo intento, la nuova coalizione avrà il sostegno di 67 deputati sui 120 della Knesset.
Da parte sua Rivlin ha manifestato insoddisfazione per il protrarsi delle trattative fra i partiti e ha fatto appello a Netanyahu affinché presenti alla Knesset il nuovo governo il più presto possibile. Nel frazionamento dei partiti del sistema israeliano è oggettivamente complicato formare una coalizione per il premier (al suo quarto mandato, terzo consecutivo: nessuno in Israele era arrivato a tanto). Il fronte dei partiti di centro-destra e quello di centro-sinistra, infatti, più o meno si equivalgono.