Èstata una lunga notte di spoglio elettorale e, sebbene non siano ancora disponibili i numeri ufficiali, il verdetto di oltre il 90% delle schede scrutinate appare chiaro: il primo ministro uscente, Benjamin Natanyahu, non ha vinto. Ieri, il trend della giornata ha visto il premier viaggiare sugli stessi numeri del rivale Benny Gantz, esattamente come accaduto ad aprile. Com'era già accaduto ad aprile, dunque, il premier più longevo della storia di Israele non sarà in grado di costituire un esecutivo.
Il voto
Un voto che ha voluto Benyamin Netanyahu, e dal quale dipenderà il suo futuro alla guida di Israele. Urne aperte, sei milioni di aventi diritto e una leadership che l'attuale premier dovrà confermare in un contesto politico tutt'altro che favorevole, almeno apparentemente. La sensazione, infatti, è che la permanenza a Tel Aviv Netanyahu dovrà giocarsela nuovamente ad armi pari visto che, negli ultimi sondaggi, Likud (il partito del premier uscente) e Blu Bianco (del principale rivale Benny Gantz) risultavano ancora affiancati, entrambi comunque non in grado, al momento, di raggiungere la maggioranza. In sostanza, una sfida che dovrebbe ridursi al confronto fra due dei principali partiti della destra, dati decisamente più avanti rispetto agli schieramenti dell'altra sponda politica. Anche per questo, probabilmente, giocandosi il tutto nel medesimo cerchio, l'elettorato israeliano risulta meno orientato del previsto, il che pone Netanyahu in una posizione forse diversa rispetto al previsto.
La sfida politica
In sostanza, in Israele sembra delinearsi lo stesso scenario del voto di aprile, quando Likud e Blu Bianco si spartirono i seggi (35 a testa) sui 120 messi a disposizione dalla Knesset, senza che nessuno riuscisse a formare un nuovo governo, nemmeno Netanyahu, che pure godeva di una coalizione più forte alle spalle. Inevitabile, dunque, il nuovo voto con la prospettiva ben più salda di quanto sospettato finora che la nuova tornata elettorale potrebbe comunque non bastare. In tal caso, entrambi gli schieramenti dovranno darsi da fare con le alleanze, per riuscire a formare una coalizione in grado di tirare avanti. Qualora si verificasse tale scenario, l'ipotesi più probabile è che sia Netanyahu a restare in sella, con mano abbastanza libera per mettere in atto le mosse promesse, prima fra tutte l'annessione sotto la giurisdizione israeliana della fetta più grossa della Cisgiordania, corrispondente alla Valle del Giordano. Un'ambizione che, nelle previsioni del leader di Likud, dovrebbe raccogliere consensi nell'ambito della destra meno centrista. Un tema caldo, così come le trattative di pace con i palestinesi, sulle quali si è giocata buona parte della campagna elettorale ma da cui, almeno secondo i sondaggi, ci si aspetta meno di quanto prospettato.