Israele non rientrerà nei confini del 1967: a dirlo è Benyamin Netanyahu, prima di partire per l’incontro di Roma con il segretario di Stato americano John Kerry e il presidente del consiglio Matteo Renzi. Secondo il premier israeliano, infatti, il ritiro porterebbe “estremisti islamici nei sobborghi di Tel Aviv e nel cuore di Gerusalemme”.
“Dirò a Kerry e a Renzi che Israele respinge tentativi di assalti diplomatici, attraverso decisioni dell’Onu, per costringerci ad un ritiro entro i confini del 1967 in 2 anni”: così Netanyahu durante l’ultima riunione del suo governo, a Gerusalemme, prima di partire alla volta di Roma. Dopo l’incontro di ieri fra Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov, oggi è la volta del suo colloquio con Renzi e il segretario di Stato Usa: un meeting che non si apre certo con i migliori auspici, date le rigide posizioni israeliane.
“Non permetteremo – ha continuato Netanyahu nella riunione di governo – che questo avvenga. Lo respingeremo con forza. Non ci sono dubbi, questo sarà respinto”. Il premier, ha spiegato: “Ai miei colleghi dirò che Israele si erge come un’isola solitaria contro le onde di estremismo islamico che lambiscono l’intero Medio Oriente”.
“Fino ad adesso abbiamo respinto questi attacchi mentre ora ci troviamo di fronte di nuovo la possibilità di assalti diplomatici”, ha sottolineato Netanyahu riferendosi indirettamente alle risoluzioni che potrebbero essere presentate a breve in Consiglio di sicurezza dai palestinesi su un ritiro entro i confini del 1967. Il premier israeliano, infatti, è preoccupato per l’iniziativa palestinese in sede europea: l’obiettivo della risoluzione alla quale lavora l’Autorita nazionale palestinese è fissare una scadenza per il ripristino dei confini fissati prima della Guerra dei sei giorni, condizione imprescindibile per la ripresa di qualsiasi negoziato.