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ISRAELE, ATTENTATO AL PUB: E’ CACCIA ALL’UOMO

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Il governo israeliano ha dispiegato le forze alla ricerca dell’attentatore che ieri ha aperto il fuoco contro gli avventori di un pub nel centro città di Tel Aviv uccidendo sul colpo due persone e ferendone altre 4 in modo grave. L’uomo, ancora in fuga, è di etnia araba; secondo la polizia l’attentato non sembrerebbe di matrice terroristica ma motivato solo dall’instabilità mentalmente dell’assassino.

La mattanza era iniziata ieri pomeriggio poco prima delle 15, quando l’aggressore – dopo essere entrato in un negozio con il volto coperto da occhiali e con un sacco in spalla – aveva estratto un’arma automatica e si era lanciato in via Dizengoff, sparando almeno una trentina di proiettili sui passanti e sugli avventori del pub Hasimtà, posto lì di fronte. “Non sembrava che volesse colpire qualcuno in particolare”, aveva raccontato un testimone. Le vittime erano incensurate, cosa che farebbe escludere la pista di un regolamento di conti della malavita. Inoltre, il sindaco della capitale, Ron Hulday ha definito “totalmente infondate” le voci circolate in un primo momento secondo cui l’attentatore voleva colpire un club di omosessuali, peraltro inesistete in quella strada.

Le indagini della polizia israeliana si sono concentrate sul caricatore dell’arma dell’assalitore (rimasto su un marciapiede), sul sacco abbandonato sul carrello del negozio (dove c’era una copia del Corano) e sulle numerose immagini riprese dalle telecamere di sicurezza. Alla loro diffusione una famiglia di Arara, una località nel nord di Israele, ha riconosciuto il figlio e ha avvertito la polizia. Secondo un conoscente, un suo cugino fu ucciso anni fa dalla polizia israeliana e dunque una delle ipotesi potrebbe essere quella di una vendetta privata. Nel tardo pomeriggio la polizia israeliana ha invitato gli abitanti del rione dell’attentato ad uscire in strada e a tornare alla normalità ma, sapendo che l’assassino è ancora a piede libero, molte persone hanno preferito trascorrere la serata chiuse in casa.

Edith Driscoll: