Fuori dall'Unesco nel 2018: è arrivato rapido, anche se in buona parte pronosticato, l'annuncio di Israele che, per il prossimo anno, ha annunciato l'uscita dall'organismo delle Nazioni unite per via dei “sistematici attacchi” avanzati dallo stesso Onu contro lo Stato ebraico. A darne notizia è stato il portavoce del minstero degli Esteri, Emmanuel Nahshon, il quale ha specificato come non si tratti di una decisione presa a cuor leggero ma come diretta conseguenza dei “tentativi dell'Unesco di disconnettere la storia ebraica dalla terra di Israele”. Secondo quanto riferito da Nahshon, la lettera formale sarà rpesentata entro la fine del 2017 per poi procedere all'uscita definitiva alla fine del prossimo anno.
La scelta di Trump
Un annuncio, quello di Israele, che segue di pochi mesi quello diramato dagli Stati Uniti, intenzionati a uscire dall'Unesco proprio in virtù delle tensioni in atto sul nodo mediorientale. A dire la verità, il 12 ottobre scorso, Donald Trump era stato ancora più esplicito, sottolineando che la scelta degli States era stata fatta “per la necessità di una fondamentale riforma dell’organizzazione e per i suoi persistentipregiudizi anti-Israele”. Praticamente in contemporanea, il premier Netanyahu aveva dato disposizioni per “preparare l'uscita” anche del suo Paese assieme agli Stati Uniti. Detto fatto: Israele, uniformando le sue vedute a quelle gli Usa, ha mantenuto la promessa di lasciare l'agenzia Onu dando seguito all'appoggio fornito a Trump nel momento in cui aveva dato il medesimo annuncio.
L'appoggio
A suo tempo, Netanyahu si era detto decisamente favorevole all'iniziativa della Casa Bianca, parlando di una decisione “coraggiosa e morale, perche l'Unesco è diventato un teatro dell'assurdo e perché, piuttosto che preservare la storia, la distorce”. Anche in quell'occasione, il premier aveva ribadito l'intenzione di Israele di seguire la stessa strada, ritenendo invalicabili le divergenze sule risoluzioni adottate dall’Organizzazione su questioni chiave della disputa israelo-palestinese, quali la città di Hebron, in Cisgiordania (dichiarata parte del patrimonio storico palestinese) e la Città Vecchia di Gerusalemme: “L'Unesco – aveva detto allora – è diventata la sede di risoluzioni bizzarre, anti israeliane e in pratica antisemite. Ci auguriamo che cambi strada ma non abbiamo grandi speranze”.