Quattordici giovani sono stati giustiziati dall’Isis a Mosul, nel nord dell’Iraq, dopo essere stati condannati a morte da una Corte islamica per reati che non sono stati resi noti. Lo riferisce oggi l’agenzia irachena Nina. I corpi degli uccisi sono stati consegnati dai jihadisti all’obitorio del maggiore ospedale della città.
I sanguinari miliziani dello Stato islamico dunque non perdonano. Così dopo essersi ritirati dal villaggio di Tal Alì, in Iraq, dove gli abitanti hanno bruciato le loro bandiere e una postazione militare, i jihadisti sono tornati a distanza di 24 ore rapendo decine di civili.
Tutto ciò va a sommarsi alle prove raccolte da Amnesty International sulle atrocità commesse dagli jihadisti salafiti dell’Isis che hanno lanciato una vera e propria campagna di “sistematica pulizia etnica nel nord dell’Iraq, rendendosi responsabili di crimini di guerra tra cui uccisioni sommarie e rapimenti di massa contro appartenenti a minoranze etniche e religiose”, come denuncia l’organizzazione. “Lo Stato islamico sta portando avanti crimini orribili e ha trasformato le terre coltivate di Sinjar in campi della morte che grondano sangue”, come riferisce Donatella Rovera, alta consulente per le crisi di Amnesty International, che si trova attualmente nella regione. Ad agosto nella zona di Sinjar sono avvenute numerose esecuzioni di massa, centinaia di persone sono state uccise (gruppi di uomini e ragazzi, anche di soli 12 anni).