Alla morte del leader dell’Isis Abu Sayyaf, avvenuta nei giorni scorsi durante un raid americano in Siria, è seguita la cattura della moglie Umm Sayyaf, considerata figura di spicco all’interno dell’organizzazione dello Stato Islamico. La donna è stata trasferita in una prigione di alta sicurezza dell’Iraq insieme alla sua schiava. Attualmente sono sotto interrogatorio da parte di una branca specializzata dell’Fbi in quanto potrebbero essere a conoscenza di dettagli sugli occidentali rapiti e giustiziati dal Califfato.
Ashton Carter, segretario alla Difesa degli Stati Uniti, durante una conferenza stampa sul blitz, ha sottolineato: “Le forze americane hanno catturato Umm Sayyef che ha un ruolo importante nelle attività dell’ Isis e potrebbe essere stata complice nella cattura e riduzione in schiavitù della yazida che abbiamo liberato”. Solo due giorni fa infatti, le forze speciali statunitensi hanno compiuto un raid nel territorio siriano uccidendo il leader Abu Sayyaf e salvando una giovane diciottenne divenuta schiava dello Stato Islamico. Ora gli investigatori stanno provando ad accertare se la donna abbia un ruolo attivo o meno. Se così dovesse essere, verrebbe perseguita e detenuta come una terrorista.
In questo caso inoltre, verrebbe confermato il ruolo operativo delle donne all’interno del Califatto. Inizialmente tra i gruppi organizzati dell’Isis, era stata negata la possibilità alle “mujaharat” (le spose pellegrine) di combattere, ma recentemente dopo la pubblicazione di un documento, è stato loro concesso di contribuire alla jihad, alcune di loro svolgendo un ruolo attivo a livello militare altre, arruolando schiave del “sesso” per il Califfato.