Tredici bambini uccisi a colpi di mitragliatrice perché avevano guardato la partita della loro nazionale di calcio mentre giocava con la Giordania nell’ambito della Coppa Asia. Accade a Mosul, nel quartiere di al-Yarmuk il 12 gennaio, ma la notizia si è appresa solo poche ore fa.
La città irachena assediata dall’Isis non cessa di essere lo scenario di quotidiane stragi in nome della sharia. Secondo i terroristi infatti questi ragazzi nel guardare le partite avrebbero violato la legge di Dio.
“I cadaveri sono rimasti esposti a terra e i genitori non hanno potuto recuperarli per paura di essere uccisi dai jihadisti”, è il tragico commento che si legge sul sito web di un gruppo di attivisti dal nome “Raqqa viene macellata in silenzio” e che documenta in rete la violenza compiuta dallo Stato Islamico da quando ha preso il controllo della città.
Prima dell’esecuzione le milizie dell’Isis hanno annunciato con un megafono le ragioni del massacro, spiegando che i bambini hanno commesso un crimine e per questo dovevano essere puniti. Con la stessa procedura qualche giorno fa due uomini accusati di impegnarsi in attività omosessuali sono stati gettati dal tetto di una torre. Anche nel loro caso un membro dello Stato Islamico aveva commentato alla radio la lettura dell’interpretazione radicale della sharia.