Quaranta persone sono state condannate a morte in Iraq perché l’accusa di aver preso parte nel giugno del 2014 al massacro di circa 1.700 reclute, in maggioranza sciite, compiuto dall’Isis nella base militare di Speicher, vicino a Tikrit. Lo hanno riferito fonti giudiziarie citate dalla televisione panaraba Al Arabiya e da Amnesty International.
L’organizzazione umanitaria ha criticato la sentenza, affermando che essa è giunta al termine di un processo “fondamentalmente viziato”. Il massacro avvenne durante la fulminea avanzata con cui l’Isis si impadronì di Mosul e Tikrit in pochi giorni, mentre l’esercito di Baghdad si dava alla fuga.
Inoltre Amnesty International ha sottolineato come, in poco più di sei settimane, in Iraq siano state condannate a morte 92 persone. Secondo l’organizzazione umanitaria la maggior parte dei processi sono stati “viziati”. James Lynch, vice direttore di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa, sostiene che “la gran parte dei processi sono stati grossolanamente ingiusti, con molti degli imputati che hanno affermato di essere stati costretti a ‘confessare’ sotto tortura”. “Queste affermazioni vanno verificate urgentemente – aggiunge Lynch – e vanno ordinati nuovi processi che rispettino gli standard internazionali del giusto processo”.