La Majils, cioè la Commissione giustizia del Parlamento iraniano, sta lavorando a un piano per diminuire il numero di condanne a morte per impiccagione per reati legati agli stupefacenti. Lo ha riferito il portavoce della Commissione, Hassan Norouzi, precisando che il piano sarà sottoposto alla ratifica del Parlamento nell’ambito della nuova legge sulla lotta contro la droga. Se il piano sarà approvato, ha riferito Norouzi, lascerà la condanna a morte per i trafficanti considerati “corrotti sulla terra” ai quali, oltre all’impiccagione, saranno confiscati i beni guadagnati attraverso l’attività illecita.
Per gli altri casi saranno previste pene detentive da 25 a 30 anni e una multa da uno a due miliardi di rial (da 30 mila a 60 mila euro). Lo studio di una diminuzione delle impiccagioni per reati di droga, attualmente molto alte, era stato annunciato nell’ottobre scorso dal ministro della Giustizia iraniano, Mostafa Pourmohammadi, in considerazione del fatto che le esecuzioni non sembrano aver avuto negli ultimi anni effetti particolarmente deterrenti.
Lo dimostra l’accrescimento del numero di impiccagioni, quasi tutte per droga, passate dalle 743 del 2014 alle 977 del 2015 secondo i dati di Amnesty International. “Vogliamo trovare un modo più efficace di punizione che ci permetta di prendere in considerazione la sostituzione dell’esecuzione”, aveva detto Pourmohammadi aggiungendo che la pena di morte deve essere mantenuta per “gente corrotta”. D’altra parte l’Iran mantiene come punto cardine della giustizia l’esecuzione capitale, considerata irrinunciabile dai vertici del Paese anche perché è ritenuta un ordine islamico.