Era il 2007 quando Reyhaneh Jabbari uccise a coltellate l’uomo che tentò di stuprarla. Le autorità iraniane la arrestarono immediatamente senza permetterle di contattare un legale, e anziché applicare al suo caso la legittima difesa, la accusarono di omicidio . La sua condanna a morte, prevista dalla legge del Taglione, avrebbe dovuto essere eseguita a fine settembre ma le mobilitazioni da parte della sua famiglia e di associazioni internazionali hanno spinto la Corte di giustizia a posticiparla ad oggi.
La ragazza, questa mattina ha accettato di firmare una “richiesta di perdono” alla famiglia della vittima, un funzionario dei servizi segreti del Paese. Lo ha raccontato sua madre alla stampa nazionale, spiegando che l’azione della 26enne “non significa che abbia accettato di negare di aver subito uno stupro” come pretendono i familiari dell’assassinato.
I Jabbari, che non vedono la ragazza dal 30 settembre scorso, sono in contatto con alcuni politici internazionali e sperano che la loro mediazione possa aiutarli a far vivere ancora la giovane donna. In Italia, ad essersi espressi contro la decisione delle autorità iraniane sono stati il ministro degli Esteri Federica Mogherini e molti rappresentanti del Vaticano.
L’impiccagione, dunque, è al momento, sospesa ma sulla durata di quest’ultimo provvedimento non è dato sapere. Secondo la stampa locale, il ritardo dell’esecuzione è dovuto ad “un interessamento diretto delle autorità iraniane, che temono che la vicenda possa portare loro un discredito a livello internazionale”.