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Iran, alta tensione nelle piazze

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L'Iran è in piena crisi: lo dimostrano le manifestazioni fra le strade di Teheran per chiedere le dimissioni dei responsabili dell'abbattimento del Boeing 737-800 della Ukraine International Airlines (Uia), avvenuto mercoledì mattina attraverso un missile lanciato da un soldato che avrebbe agito autonomamente, senza alcun ordine che ha causato la morte di tutti e 176 i passeggeri, inclusi i membri dell'equipaggio. Ma dietro alle proteste s'insinua una sofferenza endemica, che svela una scissione nella società dell'intero Paese. Lo dimostrano i tanti giovani che sono scesi in piazza per reclamare, in fondo, un cambiamento radicale. Il presidente Donald Trump si è rivolto a loro quando ha scritto su Twitter: “Al coraggioso, da tempo sofferente popolo dell'Iran: sono al vostro fianco dall'inizio della mia Presidenza e la mia amministrazione continua a farlo” ha postato via social. Parole che non sono state bene accolte dal governo iraniano, che ha criticato l'uso della lingua farsi da parte del presidente Usa. 

L'altra faccia dell'Iran

I vertici del governo di Teheran sono, tuttavia, il bersaglio che gli stessi manifestanti criticano duramente. Come scrive Pierre Haski, di France Inter, poi ripreso da Internazionale, “queste persone avevano creduto che l'accordo sul nucleare del 2015 avrebbe permesso la trasformazione agognata, per poi restare deluse con il ritorno delle sanzioni, del clima di guerra e della disperazione generale”. Ciò che non viene perdonato al governo è, cioè, il mancato progresso. Nella memoria del popolo, è vivida la conta delle vittime degli scontri contro il caro benzina del novembre scorso. L'establishment iraniano non è più una garanzia necessaria per molti a sopravvivere, soprattutto con la stretta degli Usa sul Paese attraverso le sanzioni.

Fra accuse e smentite

“Il consigliere per la sicurezza nazionale ha suggerito oggi che le sanzioni e le proteste hanno 'soffocato' l'Iran, costringendoli a negoziare. In realtà, non me ne potrebbe importare di meno se negoziano. Dipenderà totalmente da loro, ma niente armi nucleari e 'non uccidete i vostri manifestanti'” ha scritto in farsi su Twitter il presidente Usa, Donald Trump. Parole non bene accolte dai vertici iraniani che hanno accusato Trump di “disonorare l'antica lingua persiana con le sue minacce”. Il ministro della Cultura iraniano, Abbas Salehi, ha sottolineato la discrepanza fra le parole di un presidente che ha “minacciato ripetutamente i siti culturali dell'Iran” e l'utilizzo, da parte sua, della “lingua farsi, simbolo della cultura iraniana“. Intanto, la tensione nel Paese è ancora alta. Stando al reportage realizzato nei giorni scorsi da Al Arabiya, sarebbero diverse le persone rimaste ferite durante le proteste. Attivisti accusano le forze di sicurezza di abuso di potere nella repressione. Il portavoce del corpo di polizia, Hossein Rahimi, ha rigettato l'accusa alle forze di polizia di aver sparato: “gli agenti della capitale avevano ricevuto l'ordine di usare moderazione” ha detto.

Marco Grieco: