Iran al voto per il secondo turno delle elezioni parlamentari, in cui dovranno essere designati i 68 deputati che ancora mancano per completare i 290 seggi del nuovo Majilis. Sebbene in sottotono sui media nazionali e internazionali, l’appuntamento è cruciale per assegnare una maggioranza chiara a uno dei due principali schieramenti in lizza: i riformisti-moderati del presidente della Repubblica Hassan Rohani e i fondamentalisti-conservatori che fanno capo alla guida suprema, l’ayatollah Khamanei.
Nel primo turno i riformisti hanno conquistato 86 seggi, il 38% dell’assemblea, umiliando i loro avversari a Teheran, con una vittoria di 30 poltrone parlamentari su trenta. I conservatori hanno incassato 67 seggi, il resto è andato agli indipendenti che – a seconda di chi legge i nomi – vengono assimilati talvolta ai riformisti, talvolta in parte ai conservatori. A decidere sarà sopratutto la provincia iraniana, dove si concentrano i distretti elettorali che hanno fallito al primo turno e i 19 milioni di elettori chiamati per la seconda volta alle urne. In sette distretti partecipano solo candidati fondamentalisti.
Negli altri 61 è in corsa anche un riformista. Aref, il leader della lista “Per la speranza” pro-Rohani, ha detto che sono necessari altri 40 deputati per avere una maggioranza certa. Nelle campagne e nelle piccole cittadine, i fondamentalisti hanno sempre contato su un appoggio popolare grazie alla capillare rete di mullah e leader religiosi locali. Ma le elezioni in Iran portano spesso sorprese e, grazie anche ad un’intensa campagna elettorale sul territorio, non è escluso che i riformisti riescano a centrare l’obiettivo indicato da Are