Una brutta disavventura, indubbiamente, per Alain Finkielkraut, il filosofo e accademico francese bersagliato da insulti antisemiti durante la protesta dei gilet gialli, proprio da un gruppo di manifestanti per le vie di Parigi. Offese pesanti, addirittura minacce, fino all'intervento della Polizia che ha evitato qualcosa di peggio: “Sono stato attaccato in modo molto violento dai manifestanti, se la polizia non fosse intervenuta… Penso che alcuni di loro volessero spaccarmi la faccia”. Così il filosofo Alain Finkielkraut ha raccontato ai media francesi l’aggressione subita ieri in strada a Parigi, quando un gruppo di gilet gialli lo ha riconosciuto e ricoperto di insulti antisemiti. “Ho sentito un odio assoluto – ha detto a Le Journal du Dimanche – e purtroppo non è la prima volta”. A ogni modo, l'accademico ha dichiarato di non voler sporgere denuncia.
La versione di Finkielkraut
Su quegli attimi concitati Finkielkraut spiega di non aver avuto il tempo di essere impaurito. I suoi aggressori, secondo lui, “si concentravano principalmente sui suoi legami e sulle posizioni su Israele. C’è un forte sentimento di ostilità nei confronti degli ebrei e pago per la mia notorietà”. Anzi, il filosofo è arrivato addirittura a ipotizzare che coloro che lo hanno insultato fossero gilet gialli: “Sono difficili da collocare politicamente… credo siano un misto di persone provenienti dalla periferia e dall’estrema sinistra. Sarei sorpreso se fossero gilet gialli perché sono uno dei pochi intellettuali che hanno sostenuto il movimento nel suo inizio”. Al fianco di Finkielkraut si sono schierati sia il presidente francese Emmanuel Macron che il ministro degli Interni, Christophe Castaner.
Il fermo
Nel frattempo, proprio il totolare dell'Interno ha fatto sapere che “un sospetto, riconosciuto come il principale autore degli insulti, è stato identificato dai nostri servizi”. Si tratta del primo fermo in relazione alla feroce aggressione verbale subita dall'accademico, uno dei tanti connesso alla protesta dei gilet gialli. L'inchiesta sull'accaduto è stata aperta sulle ipotesi di reato di “offesa pubblica per origine, etnia, nazione, razza o religione”.