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Inaugurato il TurkStream ma l'Italia resta fuori

Di poche settimane fa l’annuncio ufficiale: è stato completato il tratto sottomarino del gasdotto TurkStream, collegante le coste russe del Mar Nero a quelle della Turchia occidentale, infrastruttura definita operativa a partire dalla fine del 2019, in largo anticipo rispetto alla tabella di marcia iniziale, almeno secondo quanto dichiarato del numero uno del colosso russo dell’energia Gazprom, Aleksej Miller. Il progetto venne annunciato in via ipotetica all’indomani della cancellazione del gasdotto South Stream, che avrebbe dovuto consegnare il gas russo direttamente sulle coste bulgare, poi tramontato nel 2014 per via di pressioni politiche operate su Sofia. La cerimonia di inaugurazione avvenuta ad Istanbul ha visto protagonisti i leader dei due Paesi, Putin ed Erdoğan, che hanno sostanzialmente confermato la recente solidarietà geopolitica tra Mosca e Ankara, particolarmente attive nell’ultimo periodo sotto il profilo della cooperazione anche per quanto concerne il tribolato scenario siriano. Il Presidente russo, commentando i nuovi scenari infrastrutturali, ha dichiarato che il TurkStream rappresenterà un importante elemento per la sicurezza energetica dell’Europa. A Bruxelles, però, non sembrano esserne troppo soddisfatti…

Strategia e introiti

Da un punto di vista strettamente strategico, c’è da notare come Gazprom sia riuscita nell’intento di garantire ai vertici del Cremlino il tanto ricercato legame “energetico” con il continente europeo, per di più riuscendo a bypassare il corridoio ucraino, fino a poco tempo fa passaggio obbligato per le consegne di gas dalla Russia verso molti Paesi europei. La NaftoGaz (compagnia statale ucraina), infatti, ha spesso e volentieri approfittato dei suoi diritti di passaggio cavalcando l’onda continuo deteriorarsi tra i rapporti tra Mosca e Kiev. Uno scenario davvero preoccupante per un Paese come la Russia, riconosciuto a livello internazionale come una notevole forza esportatrice, grazie alla quale ha potuto meglio strutturare nonché aumentare considerevolmente i propri introiti statali nel corso degli ultimi venti anni. Il condotto turco, quindi, unito al North Stream (che “blinda” il fabbisogno energetico tedesco) rappresentano i due segmenti che congiungono il continente europeo all’erogazione targata Gazprom. La lunghezza del TurkStream raggiunge i 930 km, la capacità della cubatura del primo ramo delle pipelines è stimata in 15,7 miliardi complessivi annuali. La stazione russa situata sulle coste del Mar Nero nei pressi della regione di Krasnodar collegherà la stazione turca di Kiyikoy, la quale farà da hub per i centri di Luleburgaz ed Ipsila, sempre nella Turchia occidentale.

Relazioni russo-turche

Il crescente mercato turco ha così provveduto al suo fabbisogno divenendo cliente privilegiato di Mosca che sembra aver fatto un affare non soltanto per le implicazioni strategiche e geopolitiche del progetto: la Turchia, dal 2008, ha esponenzialmente aumentato il quantitativo di materie prime importate, solo nel 2018, la cifra record di 53,5 miliardi di metri cubi di gas per far fronte all’enorme fabbisogno di un Paese sprovvisto di risorse ma protagonista di una notevolissima crescita economica e, soprattutto, demografica. Ankara al momento risulta essere il secondo cliente russo dopo Berlino. In ogni caso, le prospettive del progetto TurkStream sembrano rivolgersi non solo verso la Turchia ma anche nei confronti dell’Europa continentale: secondo quanto riportato dal Kommersant, ciò che rende davvero strategicamente interessante il progetto è il secondo ramo del gasdotto che dovrebbe rifornire la Bulgaria, la Serbia, l’Ungheria e la Slovacchia, con possibile terminazione presso l’hub austriaco di Baumgarten.

Il (non) ruolo dell'Italia

Le consegne di gas verso Budapest e Bratislava dovrebbero partire dal 2021-2022, mentre la cubatura concordata diminuirà man mano fino a toccare, nell’ultimo tratto slovacco, i 4,3 miliardi annui. Sempre secondo il quotidiano russo la BulgarTransGaz avrebbe già lanciato l’appalto per l’acquisto di nuovi e più potenti gasdotti. Questo scenario renderebbe del tutto obsolete le consegne fino ad oggi effettuate verso l’Europa centro-meridionale tramite il vecchio gasdotto sovietico Urengoj-Užgorod, transitante sul suolo ucraino. Secondo alcuni dati recentemente pubblicati dagli analisti di Russia Insider, i due nuovi “rami” della Gazprom (ossia North Stream 2 e TurkStream) costeranno all’Ucraina, sul lungo periodo, circa il 5-6% del Pil. L’Italia, all’epoca fortemente interessata al progetto South Stream tramite l’Eni ed oggi interessata alla costruzione del concorrente Tap, sembra essere stata tagliata fuori dai piani della Gazprom in seguito alle, a quanto pare, vecchie titubanze della Bulgaria, oggi attivamente coinvolta nel progetto.

La “vicinanza” politica dei governi di Serbia, Ungheria e Slovacchia sembra aver convinto Mosca a puntare sul sentiero “balcanico”. La Russia sta recentemente trovando nella Turchia un prezioso alleato nella “guerra energetica” per la conquista del fabbisogno: ciò rappresenta un paradosso se si pensa che soltanto pochi anni fa i rapporti tra i due Paesi subirono un notevole raffreddamento per via di una serie di gravi incidenti diplomatici. Nell’intera vicenda TurkStream passa in secondo piano, però, un elemento di rilievo, ossia quello della fondamentale importanza strategica del Mar Nero, oggetto di costanti attenzioni russe, nonché scenario dei più recenti scontri non solo geopolitici.

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