E’ stata una lunga, incerta ed oscillante attesa. Scozzesi e inglesi hanno trattenuto il fiato sino all’uscita dei risultati, che hanno sancito la vittoria del no, salvando l’unità del Regno di Elisabetta II. Il fronte pro unione ha ottenuto il 55% dei voti contro il 45% degli indipendentisti guidati dal primo ministro scozzese Salmond. La perfomance del no è stata superiore alle attese: i due schieramenti, infatti, apparivano vicinissimi alla vigilia della consultazione e i sondaggi erano incerti. Uno stato di fatto causato, soprattutto, dall’ampia fetta di indecisi che solo all’ultimo momento ha sciolto le riserve sulla propria scelta.
I due principali leader della campagna indipendentista, il premier Salmond e il suo vice Nicola Sturgeon, hanno condiviso la delusione insieme con la folla di seguaci stremati, avvolti in bandieroni bianco-celesti sgualciti e imbrattati. La maggioranza, come ha affermato il premier alla Bbc, “ha deciso autonomamente di non diventare indipendente”.
Sull’altro fronte un David Cameron visibilmente sollevato ha spiegato che “Gli scozzesi hanno mantenuto unito il nostro paese formato da quattro nazioni e come milioni di altre persone sono felicissimo”. Passata la paura, il premier britannico ha annunciato il già promesso aumento di poteri per il governo scozzese: “Il paese avrà maggiore autonomia nella gestione dei propri affari – ha continuato – e questo varrà anche per gli abitanti di Inghilterra, Galles e Irlanda del nord”. Da Downing Street si annuncia l’intenzione di rispettare in pieno gli impegni sulla devolution per il Paese, appena sfuggito a una secessione che a detta di molti sarebbe stata disastrosa economicamente, culturalmente e politicamente.
A sovrintendere il processo che permetterà di “camminare insieme verso un futuro migliore” sarà Lord Smith of Kelvin, che dovrà fare in modo di giungere ad un accordo entro novembre, garantendo a tutte le Nazioni del Regno uguali diritti ed autonomia. Ad essere “sollevati” dalla vittoria del fronte per l’unione sono stati anche il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz e il Segretario generale della Nato Rasmussen.