Giornata di scontri a Charlottesville, in Virginia, dove una cinquantina di membri del Ku Klux Klan che protestavano contro la rimozione della statua equestre del generale sudista (e quindi schiavista) Robert Lee sono stati affrontati da centinaia di contro manifestanti al grido di “No KKK, no all’America razzista, razzisti a casa”. Il bilancio finale è di 23 arresti.
I membri del Ku Klux Klan, provenienti dalla Carolina del nord, erano armati (lo consente la legge statale), indossavano gli abiti tradizionali con un un cappello puntuto e portavano bandiere confederali, esibendo anche slogan anti semiti e gridando “potere bianco“. La polizia è riuscita inizialmente a tenere divise le due fazioni ma poi c’è stato qualche scontro. Gli agenti hanno dovuto scortare gli esponenti del Kkk alle loro auto e disperdere poi i contromanifestanti con i lacrimogeni. Non è dato sapere se gli arrestati appartengano ad uno o ad entrambi i gruppi.
Charlotteville è una città universitaria a maggioranza democratica. Il aprile il consiglio comunale aveva deciso di rimuovere la statua, una dei tanti simboli confederali che gran parte degli americani considerano razzisti, moltiplicando le procedure per toglierli o farli sparire dagli edifici pubblici. Ma chi si rifà ai suprematisti bianchi o alla Alt-right (la destra alternativa) ha trovato un motivo di mobilitazione nella difesa dei monumenti e delle bandiere della Confederazione. E dopo l’elezione di Donald Trump si sente più incoraggiato a scendere in campo apertamente.