Damasco afferma che nelle quattro “zone di de-escalation“, che si creeranno nella Siria occidentale in base all’accordo raggiunto venerdì scorso tra Russia, Iran e Turchia, “non saranno dispiegate forze internazionali sotto la guida dell’Onu o della Russia”. Il ministro degli Esteri siriano Walid al Muallim ha precisato che in queste zone “sarà dispiegata la polizia militare”.
Citato dall’agenzia ufficiale siriana Sana, Muallim ha inoltre detto che “il governo siriano rispetterà l’accordo” ma che “se ci saranno violazioni da parte di qualsiasi gruppo, la risposta (militare) sarà decisa“. Il ministro degli Esteri ha affermato che l’accordo comprende il governo e i gruppi delle “opposizioni (armate) che hanno firmato la tregua del 30 dicembre scorso”. Sono quindi esclusi – afferma Muallim – l’ala siriana di al Qaida “e i loro alleati, tra cui l’Isis“.
La Russia ha sinora registrato 19 episodi di uso di armi da fuoco nelle zone di de-escalation in Siria nelle ultime 24 ore, gli osservatori turchi ne hanno invece registrate 5: lo riferisce il ministero della Difesa russo precisando che la maggior parte di queste violazioni si sono verificate in zone controllate dai terroristi dell’Isis e di Al Nusra e che la situazione nelle zone di de-escalation è stabile.
Intanto centinaia di insorti e loro familiari hanno cominciato ad essere evacuati oggi a bordo di autobus dal sobborgo di Barzeh, a nord di Damasco, nell’ultimo accordo riguardante aree assediate che prevede lo spostamento di parte della popolazione. Lo hanno reso noto la televisione di Stato siriana e fonti degli attivisti. Accordi simili a livello locale sono stati applicati in altre regioni della Siria negli ultimi mesi e avevano portato allo spostamento di decine di migliaia di persone. Ma quello di Barzeh, che dovrebbe riguardare 8.000 persone, è il primo messo in pratica a partire dall’applicazione dell’accordo tra Russia, Iran e Turchia. In passato questo tipo di intese, che hanno suscitato la preoccupazione delle Nazioni Unite per il possibile spostamento forzato di popolazioni civili, ha portato all’evacuazione di insorti e loro familiari in particolare verso la provincia nord-occidentale di Idlib, controllata da una congerie di forze ribelli, gruppi fondamentalisti e miliziani qaedisti.