Il weekend lo trascorrerà a Mar-a-Lago Donald Trump, dove è già arrivato assieme alla First lady, Melania. Si preannunciano, però, giornate tutt'altro che tranquille visto che, di mezzo, c'è il rapporto di Robert Mueller sul Russiagate, pubblicato solo poche ore fa ma già denso di controindicazioni per la presidenza del Tycoon. Il presidente si dice sicuro non solo che l'inchiesta condotta dal superprocuratore sia quello che ha sempre detto, una caccia alle streghe, ma anche che la sua decisione di non fare nulla verso chi la stava conducendo è da interpretare in modo molto significativo: ''Avevo il diritto di mettere fine a questa caccia alle streghe. Avrei potuto licenziare chiunque, incluso Mueller, se lo avessi voluto. Ho scelto di non farlo. Avevo il diritto di usare il privilegio esecutivo. Non l'ho fatto''. Un tweet dal quale è sembrata trasparire una certa rabbia anche se, secondo i consiglieri più stretti, la pubblicazione del rapporto sia stata accolta in modo positivo dal Trump.
Il rapporto
A ogni modo, nel rapporto di Mueller (almeno la parte pubblicata, visto che alcuni passaggi sono rimasti secretati per esigenze di Intelligence) viene spiegato che Trump, in realtà, a licenziare il superprocuratore ci abbia provato. Secondo quanto raccontato dall'ex legale della Casa Bianca, Don McGahn, si farebbe riferimento a un episodio avvenuto il 17 giugno 2017, quando fu contattato dal presidente per sollecitare Rod Rosenstein (vice attorney general) a sollevare Mueller dal suo incarico. Finì, stando alle dichiarazioni, che McGahn non eseguì e preferì dimettersi. Detto questo, il passaggio cruciale del rapporto resta quello già ventilato: non vi fu collusione ma nemmeno è possibile scagionare del tutto il presidente. In un virgolettato del dossier, si legge che “le prove raccolte in relazione alle azioni e alle intenzioni del presidente pongono questioni complesse che ci impediscono di determinare in modo definitivo che non si sia verificata alcuna condotta criminale. Pertanto – scrive Mueller – mentre questo rapporto non conclude che il presidente ha commesso un crimine, non lo scagiona”.
Strategie dem
Ed è su questo che, al momento, i democratici si appellano con forza. Se il tentativo di cavalcare la ventura campagana elettorale sull'onda dello scandalo russo è naufragata dopo la rivelazione dell'esito dell'inchiesta, dall'altro lato non sembrerebbe ancora del tutto tramontata l'ipotesi di instaurare un procedimento di impeachment nei confronti del presidente. Non che i 18 mesi da qui alle elezioni siano tanti ma, quantomeno, i democratici ritengono di avere ancora qualche carta da giocare, se non altro perché convinti che nel dossier Mueller ci sia ben di più di quanto non avesse rivelato il ministro della Giustizia William Barr. Secondo il presidente della commissione di intelligence della Camera, Adam Schiff, quelle di Trump sono state azioni “disoneste, non etiche, immorali e non patriottiche”: ragion per cui, l'opposizione tenterà di far leva sulla questione dell'ostacolo alla giustizia. Una via per loro possibile ma che, a poco più di un anno dalle elezioni e con una schiera di candidati intenti a organizzare le proprie campagne ormai su altri temi, potrebbe risultare quantomeno complicata.