Continua il disgelo tra Stati Uniti e Cuba: oggi c’è stato un incontro a L’Avana tra il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez e una delegazione di senatori democratici americani, annunciato da Barack Obama e Raul Castro lo scorso 17 dicembre. Nel corso dell’incontro, il ministro cubano e i senatori Usa Claire McCaskill, del Missouri, Amy Klobuchar, del Minnesota e Mark Warner, della Virginia, hanno avuto una conversazione sul processo di ripresa delle relazioni diplomatiche bilaterali, che si erano interrotte nel 1961. Al centro dei colloqui, secondo quanto riferito dal sito ufficiale “CubaMinrex”, anche la revoca dell’embargo su cui tuttavia dovrà esprimersi il Congresso, a maggioranza repubblicana in entrambe le Camere.
I dialoghi sono ripresi a fine gennaio, e proprio a proposito dell’ambito economico della questione, il presidente Castro ha dichiarato che “il problema principale non è stato ancora risolto. L’embargo economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni e che costituisce una violazione del diritto internazionale deve cessare”, anche se perché ciò accada bisognerà percorrere “una strada lunga e impervia”. Una strada che, forse, potrebbe essere almeno in parte più breve di quanto si pensi. Almeno stando alle recenti dichiarazioni del Dipartimento di Stato americano diffuse dalla Reuters, in base alle quali gli Usa hanno allentato le restrizioni sulle importazioni di beni e servizi dagli imprenditori privati di Cuba.
Piccoli passi si stanno compiendo, ma la strada è ancora lunga. Tra i nodi principali da sciogliere il primo è quello che riguarda i diritti umani, infatti anche se il numero delle detenzioni dei dissidenti è diminuito rispetto al passato, “la natura del regime cubano non è cambiata e noi non lo abbiamo affermato”, ha dichiarato in proposito Tom Malinowski in un incontro sulla politica dell’amministrazione Obama nei confronti di Cuba. Senza contare la questione irrisolta di Guantanamo, che molto vorrebbero smantellare senza polemiche di sorta, altri invece si oppongono al trasferimento dei prigionieri in strutture detentive in patria.