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Hong Kong, sgomberato il Parlamento

Ètornata alla normalità la situazione a Hong Kong, al termine di una giornata di altissima tensione, nelle quali centinaia di manifestanti hanno fatto irruzione all'interno del Parlamento, prendendone possesso per tre lunghe ore. Fino in Europa sono rimbalzate immagini di un vero e proprio assedio al Palazzo del Consiglio legislativo della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (Legco). La sensazione è che l'assalto al palazzo di vetro non sia stata casuale, perché caduto nel ventiduesimo anniversario della riunificazione dell'ex colonia con la Cina. Le forze dell'ordine, anche con l'utilizzo dei lacrimogeni, hanno iniziato a caricare i manifestanti nel tentativo di farli disperdere. Per l'occasione, sabato scorso le autorità hanno deciso di dispiegare agenti di Polizia in assetto antisommossa nell'area coincidente con la Golden Bauhnina Square, la piazza che oggi ospita la cerimonia commemorativa.

La protesta

Secondo fonti locali citate dal South China Morning Post, i manifestanti hanno presso d'assalto il palazzo del Legco dopo aver circondato l'edificio per diverse ore. A nulla sono valsi i metodi di deterrenza a base di lacrimogeni e spray urticanti utilizzati dalla polizia: con l'ausilio di barre di metallo divelte dalla stessa struttura, la masnada di oltre un migliaio di persone, in prevalenza studenti a volto coperto, ha forzato gli ingressi sino a raggiungere l'aula del Parlamento. Simbolo di questo momento topico è la bandiera dell'allora Impero britannico di Hong Kong adagiata sullo scranno parlamentare a memoria di un dissenso radicato verso la Repubblica Popolare Cinese. Nelle ore precedenti gli episodi, proprio i parlamentari del fronte pro-democrazia avevano provato a raffreddare gli animi senza ottenere i risultati sperati. Il deputato Roy Kwong, infatti, aveva invitato a non prendere d'assalto l'edificio perché “quelli che stanno manifestando pacificamente fuori saranno i primi a soffrirne”. Il tono della manifestazione collide con quella, di natura pacifica, messa in piedi alla marcia annuale, quando centinaia di migliaia di hongkonghesi, vestiti per lo più in nero, avevano preso parte alla marcia partendo da Victoria Park. Al silenzio sobrio di quell'evento, i manifestanti hanno risposto con un atto risoluto, penetrando attraverso due ingressi e forzando anche il retro del palazzo. La folla non si è lasciata intimorire dai poliziotti che hanno minacciato l'arresto immediato e si sono dispiegati lungo il perimetro dell'edificio.

Niet alla Cina

Ciò che ha spinto alla protesta è la contestazione della “sinizzazione” del distretto da parte di Pechino. Il predecessore dell’attuale presidente cinese Xi Jinping, Deng Xiaoping, vedeva Hong Kong come la chiave di volta per l’apertura dell’economia cinese continentale al mondo esterno, e per due decenni Hong Kong ha svolto efficacemente proprio tale funzione. Xi, divenuto leader del Partito comunista cinese nel 2012, ha adottato però un approccio differente. Il presidente cinese ha rifiutato qualunque compromesso con il Movimento degli ombrelli, che nel 2014 ha domandato a gran voce elezioni pienamente democratiche per il capo esecutivo di Hong Kong. E proprio gli ombrelli sono apparsi nel corteo di queste ore quale simbolo di autonomia nel rispetto delle promesse democratiche che l'ex colonia britannica ha ricevuto da Pechino. Il messaggio inviato dalla Cina include non solo la negazione delle istanze alla base dell'accordo di 22 anni fa, ma mal tollera le opposizioni nei confronti di Pechino. Il 16 giugno scorso, circa due milioni di persone erano scese in piazza per dire no all'ingerenza cinese nel Paese al punto che la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, aveva dovuto sospendere l'approvazione del provvedimento che avrebbe permesso di estradare in Cina cittadini e residenti annullando, così, le garanzie democratiche del sistema giudiziario della città.
Per i manifestanti, la governatrice è troppo vicina alla politica cinese, pertanto c'è chi urla a gran voce le sue dimissioni.

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