IL 22 gennaio 2009, il presidente Barack Obama firmò gli ordini esecutivi per chiudere ciò che resta della rete di prigioni non accessibili, tra cui il campo di detenzione di Guantanamo, entro un anno. Dopo “solo” sei anni e sei mesi, dall’insediamento di Obama alla Casa Bianca, sia finalmente entrato nelle fasi finali. Ma se da un lato Josh Earnest, il portavoce della White House, annuncia che ormai si sia entrati “nelle fasi finali”, dall’altro, i repubblicani – che ora sono la maggioranza – continuano ad opporsi alla chiusura della prigione di massima sicurezza.
All’interno di Guantanamo ci sono 116 detenuti. Per 52 di loro, la maggior parte yemeniti che non possono essere rimpatriati a causa della complicata situazione nel loro Paese di origine, sono in corso dei colloqui con altri Stati per vagliare l’opzione del trasferimento, sempre se le condizioni di sicurezza lo permetteranno.
Gli altri 64, troppo pericolosi per essere rilasciati, dovrebbero essere trasferiti in prigioni di massima sicurezza su suolo statunitense. Ma proprio oggi il consigliere presidenziale per l’antiterrorismo, Lisa Monaco, ha dichiarato che la maggioranza repubblicana al Congresso non è favorevole a questa ipotesi.
Nel 1903 la Repubblica cubana concesse l’area in cui sorge il carcere di Guantanamo agli Stati Uniti, da dove, durante la Guerra fredda gli Usa hanno coordinato tutte le loro operazioni nei Caraibi, nell’America Centrale e Meridionale. Durante l’amministrazione Bush, in seguito all’attentato alle Torri gemelle, Guantanamo divenne il luogo di reclusione di tutti i prigionieri legati ad Al Qaeda o comunque legati al terrorismo.