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Guaidò si autoproclama presidente

Tensione politica alle stelle in Venezuela, dove il leader dell'opposizione, Juan Guaidò, si è autoproclamato presidente del Paese davanti ai sostenitori scesi in strada a Caracas per manifestare contro Nicolas Maduro. Un atto clamoroso che il fondatore di Voluntad popolar e presidente dell'Assemblea nazionale ha rivendicato davanti a migliaia di persone: “Giuro di assumere formalmente i poteri esecutivi nazionali come presidente pro tempore del Venezuela – ha detto Guaidò – per porre fine all’usurpazione, instaurare un governo di transizione e tenere elezioni libere”. Un vero e proprio giuramento, eseguito dinnanzi alla folla e che, nondimeno, ha incassato sostegni autorevoli come l'Organizzazione degli Stati americani (Oas) e gli Stati Uniti, con il presidente Donald Trump che pare sia stato il primo leader internazionale a riconoscere Guaido come presidente della Repubblica venezuelana. Dopo di lui, in serie, arrivano i riconoscimenti del Brasile che “sosterrà politicamente ed economicamente il processo di transizione così che democrazia e pace sociale possano tornare in Venezuela”; del Paraguay, che invita Guaidò a fare affidamento sul Paese “per sostenere nuovamente la libertà e la democrazia”; e ancora, l’Argentina, la Colombia, il Perù, l’Ecuador e il Costa Rica, il Cile e il Canada. Anche il presidente del Consiglio europeo sta dalla parte del leader dell'Assemblea nazionale, pur restando l'Ue per il momento neutrale: “Spero che tutta l’Europa si unisca a sostegno delle forze democratiche – ha detto Donald Tusk -. A differenza di Maduro, l’Assemblea parlamentare, compreso Juan Guaidó ha un mandato democratico da parte dei cittadini venezuelani”.

Giornata di protesta

Il gesto più eclatante, al termine di una giornata febbrile non solo a Caracas ma anche in altre città del Paese, da Maracaibo a San Cristobal, fino a Barquisimeto. A nulla è valsa la riconferma alla presidenza ottenuta da Maduro, considerata dall'opposizione e dai suoi sostenitori alla stregua di una farsa, con manifestazioni spontanee in quasi ogni parte del Venezuela. Ma è a Caracas che si è concentrato il grosso della protesta, specie dopo la dichiarazione di illegittimità nei confronti dell'Assemblea nazionale (controllata dall'opposizione) da parte dello stesso Maduro, con un'indagine da parte della Corte suprema avviata a carico del Parlamento. Una mossa che, come risultato, ha ottenuto la coalizione degli avversari del presidente e quella che, di fatto, è una sfida ufficiale da parte di Juan Guaidò, chiamato ora a tenere alta la guardia sulle conseguenze politiche che la sua rivendicazione avrà sul Paese.

Caos in Venezuela

Nel frattempo, a Caracas sventolano anche le bandiere pro-Maduro, con un corteo di simpatizzanti che, secondo quanto riferito da Union Radio, si sta radunando in Plaza O'Leary, in pieno centro città, dopo aver dato vita a tre differenti sit-in in altrettante zone della città. Una serie di scontri hanno caratterizzato la fervente giornata venezuelana, con almeno 13 morti al termine delle manifestazioni. Il clima però resta elettrico: i quartieri operai sono letteralmente in rivolta contro il presidente, sostenuti dalle forze d'opposizione (“Resteremo qui finché il Venezuela non sarà liberato”, ha promesso Guaidò). Nel frattempo, Maduro (che ha ricevuto il sostegno, fra gli altri, di Cina, Messico e Russia) ha effettuato le sue contromosse, allontanando dal Paese i diplomatici Usa e lanciando un appello su Twitter ai suoi sostenitori: “Il popolo agguerrito e combattente rimanga in allerta, pronto alla mobilitazione per difendere la patria. Nessun colpo di stato, nessun interventismo, il Venezuela vuole la pace”.

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