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Gli Usa non danno tregua all’Isis, nuovi raid aerei per fermare i jihadisti. Liberati i turcomanni in trappola

Sono salvi i 20mila turcomanni di Amerli, 160 chilometri a nord di Baghdad. Dopo due mesi di assedio le forze irachene hanno respinto l’assalto dell’Isis e sono riuscite a riconquistare la città. I soldati del governo centrale iracheno, affiancati dai combattenti curdi e appoggiati dai raid aerei americani sono infatti riusciti a sfondare le linee jihadiste. Un portavoce dell’esercito iracheno ha spiegato che l’operazione è iniziata all’alba di ieri e le forze lealiste sono entrate ad Amerli poco dopo mezzogiorno. Parlando in diretta alla televisione di stato, il generale ha riferito che le forze hanno subito alcune perdite e che gli scontri erano ancora in corso per liberare i villaggi circostanti. All’intervento hanno preso parte l’esercito iracheno e migliaia fra miliziani sciiti e curdi, con la copertura dell’aviazione di Baghdad ma anche di jet Usa. E’ il primo successo sul campo dell’Iraq nel suo tentativo di respingere i jihadisti dell’Isis, che hanno occupato ampie fasce di territorio dall’inizio di giugno e che controllano anche vaste regioni in Siria.

Gli abitanti di Amerli, per lo più sciiti, hanno sofferto la mancanza di cibo e acqua durante l’assedio e hanno temuto di essere uccisi. L’Onu aveva anche messo in guardia contro il rischio di un «massacro». Già sabato, Stati Uniti, Australia, Francia e Gran Bretagna avevano paracadutato oltre 40.000 litri di acqua potabile e 7.000 razioni di cibo. Nella notte altre tre tonnellate di aiuti, anche medicinali e attrezzature sanitarie di base, erano state lanciate dai francesi. La situazione non è però ancora stabilizzata e, mentre sul terreno i soldati cercano di mettere in sicurezza la città strada per strada, gli Usa continuano a bombardare i dintorni laddove viene ancora segnalata una più o meno consistente presenza di sostenitori del Califfato. Nel frattempo la Germania ha fatto sapere che invierà armi nel nord dell’Iraq per fermare l’avanzata dei ribelli, compresi razzi anticarro e fucili mitragliatori.

Intanto, una grave denuncia arriva dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Si tratta del traffico di donne proprio per mano dell’Isis. L’Ondus ha raccolto testimonianze credibili secondo le quali le vittime di questa tratta sono vendute come “Al Sabaya”, un antico termine che sta ad indicare le “infedeli”, cioè non musulmane, e che, dunque, possono entrare a far parte del bottino di guerra. Ciascuna sarebbe ceduta per mille dollari, sarà fatta convertire all’Islam e poi “sposata” dal suo proprietario. L’ong sostiene di essere riuscita a documentare con sicurezza 27 casi, registrati nelle province di Aleppo, Raqqa e Hasaka.

Anche Beirut esprime le sue preoccupazioni. Ad appesantire il clima in Libano è il filmato che sta girando in queste ore sul web della presunta decapitazione di un soldato libanese da parte dell’Isis. “Presunta” perché i media libanesi avanzano dubbi sul video e le autorità non si esprimono.

 

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