Nuova mossa dirompente del presidente americano Donald Trump che con l'obiettivo di far ripartire i negoziati tra Israele e Palestinesi forza la mano e assume una decisione che tuttavia potrebbe rivelarsi un boomerang. Il dipartimento di Stato americano ha infatti annunciato di voler chiudere la missione palestinese a Washington per la violazione di una legge a tutela di Israele. Il presidente potrebbe evitarla se entro 90 giorni certificherà al Congresso “che i palestinesi sono entrati in negoziazioni dirette e significative con Israele”. La decisione dunque dovrebbe rappresentare una leva per accelerare la ripresa del processo di pace. Ma la reazione dell'Olp è stata molto dura e rischia di compromettere il dialogo: la leadership palestinese “non accetterà alcuna estorsione o pressione” ha dichiarato a “Voice of Palestine” il ministro degli esteri palestinese, Riad Malki, aggiungendo di attendere ulteriori comunicazioni dal governo Usa. “Ora la palla è nel campo americano” ha sottolineato.
Il segretario generale dell'Olp Saeb Erekat ha poi avvertito che i palestinesi sono pronti ad interrompere le comunicazioni con la Casa Bianca se non ci sarà un passo indietro. L'avviso della chiusura della sede Olp a Washington, come ha rivelato l'Ap, è stato dato dall'amministrazione degli Stati Uniti dopo che il segretario di Stato Rex Tillerson ha stabilito che i palestinesi hanno violato una circostanza molto ambigua di una legge Usa. Una norma secondo cui la missione dell'Olp deve essere chiusa se i palestinesi tentano di “influenzare una decisione della Corte Penale internazionale (Icc) per avviare una indagine giudiziaria o sostengono attivamente tale indagine con israeliani come soggetto per presunti crimini contro i palestinesi”. Il presidente palestinese Abu Mazen avrebbe varcato il limite lo scorso settembre quando all'assemblea generale dell'Onu annunciò di aver chiesto alla Corte penale internazionale di aprire una indagine e di perseguire dirigenti israeliani per il loro coinvolgimento nei nuovi insediamenti e per le aggressioni contro il suo popolo.
Ora l'unica salvezza passa per Trump, anche se la legge non definisce esplicitamente cosa intenda per negoziati diretti o significativi. Gli Usa hanno già messo le mani avanti, spiegando che non vogliono cancellare le relazioni con i palestinesi e restano concentrati su “un accordo di pace onnicomprensivo tra israeliani e palestinesi”. L'amministrazione Trump sta lavorando ad una proposta di pace, in particolare con Jared Kushner, il genero del presidente, che recentemente è volato in Medio Oriente per vari incontri mentre il presidente ha già visto diverse volte il premier israeliano Netanyahu, l'ultima a settembre. I palestinesi, nonostante pubblicamente sostengano gli sforzi americani, sono scettici a causa degli stretti legami del tycoon con Israele e temono che una sua proposta di pace potrebbe penalizzarli. Il timore di perdere l'ufficio nella capitale Usa potrebbe diventare un'arma di pressione della Casa Bianca per convincere i palestinesi a sedersi al tavolo delle trattative. Ma per ora la mossa sembra aver irritato l'Olp. Gli Usa consentirono all'Organizzazione per la liberazione della Palestina di aprire una missione a Washington nel 1994, grazie all'allora presidente Bill Clinton che eliminò il divieto allora vigente. Nel 2011, sotto l'amministrazione Obama, gli Stati Uniti consentirono ai palestinesi di esporre la loro bandiera nella sede: un salto di status della missione che fu salutato come storico. Ora, dopo oltre 20 anni, il rischio è la chiusura, con conseguenze imprevedibili.