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Gli Usa all'Onu: “Ora la guerra è vicina”

Ora la guerra è più vicina”. Il folle volo del missile di Kim non è certo passato inosservato dalle parti di Washington e, nel Consiglio di sicurezza Onu convocato d'urgenza nella serata di ieri, la portavoce della Casa Bianca, Nikki Haley, lo ha ribadito con parole inequivocabili: “Anche se è un conflitto che gli Usa non cercano – ha aggiunto spiegato -, se ci sarà una guerra il regime nordcoreano sarà completamente distrutto”. Una risposta decisamente forte alle dichiarazioni di Pyongyang che, non più tardi di 24 ore fa, si era proclamata una potenza nucleare a tutti gli effetti, affermando in modo autocelebrativo come il nuovo missile testato, il Hwasong-15, fosse perfettamente in grado di coprire la distanza tra la Corea e la capitale statunitense (ma anche tutto il restante territorio Usa). Almeno per il momento, però, la linea d'azione degli Stati Uniti è quella di una dipomazia ferrea: ai membri della Comunità internazionale, infatti, Haley ha chiesto di “rompere tutti i legami con la Corea del Nord” allo scopo di isoalre Kim, facendo inoltre richiesta di rafforzare le già pesanti sanzioni Onu nei confronti di Pyongyang.

Isolare Kim

L'ipotesi più accreditata, al momento, sembrerebbe quella di un blocco navale ma, più nell'immediato, l'ambasciatrice ha espressamente richiesto alla Cina di sospendere la fornitura di petrolio alla Corea del Nord. Del resto, già nella giornata di ieri, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (che si era rivolto a Kim con l'appellativo di “cagnolino malato”), aveva chiamato in causa Pechino affermando che “la Cina deve usare tutte le leve a sua disposizione per convincere la Corea del Nord a porre fine alle sue provocazioni e tornare sulla strada della denuclearizzazione”, sottolineando al contempo “la determinazione degli Usa nel difendere sé stessi e i propri alleati dalla crescente minaccia rappresentata dal regime di Pyongyang”. Posizione sostanzialmente ribadita dalla stessa Haley che, al Consiglio dell'Onu, ha specificato come “alcuni paesi continuano ancora a finanziare il programma nucleare nordcoreano”.

Sanzioni pesanti

La via provvisoria, dunque, è quella dell'isolamento: lasciare la Corea del Nord a se stessa, priva di sostegni economici e logistici, nella speranza che la durezza delle sanzioni (il taglio del rifornimento petrolifero, così come il blocco navale, potrebbero significare pesantissime ripercussioni sociali per il regime) induca Kim a più miti consigli, in un contesto in cui “non sono ammesse debolezze o ambiguità”, come spiegato dall'ambasciatore francese all'Onu, Francois Delattre. Sulla stessa linea di pensiero anche il corrispettivo italiano, Sebastiano Cardi, secondo il quale le misure di restrizione, pur funzionando, necessitano di una miglioria nel modo di applicarle. Una posizione, quella dell'Italia, che è stata apprezzata anche dal segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, che aveva definito il nostro Paese “fra i partner europei che hanno sostenuto la campagna di pressione economica e diplomatica contro Pyongyang”.

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