Israele chiude la Spianata delle Moschee a tempo indeterminato: dopo l’episodio del 2000, quando Ariel Sharon fece la famosa passeggiata innescando conflitti e scontri, uno dei luoghi più sacri per i musulmani viene di nuovo interdetto ai fedeli. La conseguenza naturale per lo Stato ebraico, dopo che ieri sera un jihadista ha tentato di assassinare il rabbino nazionalista Yehudà Glick.
Nella serata di ieri, un uomo si è avvicinato e ha sparato a bruciapelo a Glick, all’uscita da una conferenza in cui si discuteva di promuovere l’accesso degli ebrei alla Spianata delle Moschee. Il responsabile è poi fuggito a bordo di una motocicletta: secondo lo “Shin Bet”, il controspionaggio israeliano, il killer sarebbe Muatnaz Hijazi, un attivista palestinese con alle spalle numerosi arresti. Le unità anti terrorismo lo hanno raggiunto all’alba nella sua casa di Abu Tor, innescando un conflitto a fuoco che ha portato alla morte del militante.
L’omicidio giunge in un periodo di alta tensione a Gerusalemme dove, nell’ultimo mese, sono avvenuti scontri fra manifestanti palestinesi e polizia. Da Gaza, la reazione dei rappresentanti palestinesi non si fa attendere: “Riteniamo il governo israeliano responsabile per la pericolosa escalation a Gerusalemme occupata – ha detto Abu Mazen- dovuta alla chiusura della Spianata delle Moschee. Questa decisione è una sfida sfrontata e un’iniziativa pericolosa che causerà più tensione e instabilità. Lo Stato di Palestina prenderà tutte le misure legali necessarie perché Israele risponda di questa decisione e metta fine a queste ripetute aggressioni”.
Rimanda le accuse al mittente Benyamin Netanyahu: per il premier israeliano dietro le violenze a Gerusalemme est “c’è una ondata di incitamento da parte di elementi islamici radicali e del presidente dell’Anp Abu Mazen che ha dichiarato che occorre impedire con tutti i mezzi agli ebrei di entrare nella Spianata delle Moschee. Mi impegnerò a garantire lo status quo nei Luoghi Santi”.
