Settantacinque anni fa, il 1 settembre del 1939, in Europa è scoppiata la Seconda guerra mondiale. E’ da poco sorta l’alba, quando l’esercito nazista irrompe in Polonia mentre Danzica viene occupata e annessa al III Reich. In meno di tre settimane la Werhmacht piega la cavalleria polacca. E’ l’inzio dell’inferno. Soltanto due giorni dopo, la Francia e la Gran Bretagna dichiareranno guerra a Hitler.
Decine di milioni di vite umane, crimini e orrori senza misura. E’ questo il prezzo pagato dai popoli del mondo per gli errori dei propri governanti. Mentre la Prima guerra mondiale effettivamente ha colto alla sprovvista la schiacciante maggioranza degli europei, ciò non si può dire della Seconda guerra mondiale. Il conflitto portò 6 anni di morte e distruzione e vide contrapporsi da una parte le potenze dell’Asse e dall’altra gli alleati. E’ impossibile raccontare la seconda guerra mondiale, senza ricordare l’orrore dei campi di concentramento. Ad Auschwitz il campo madre è ancora un brulicare di turisti, che da qui vanno via con le lacrime agli occhi. La neve cade pesante, d’inverno. Il cielo è grigio. Pensiamo che, forse, esistano luoghi, dove la primavera non arriva mai: la coltre di dolore è troppo fitta, affinchè i raggi del sole possano scalfirla. Auschwitz e Birkenau sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità proprio perchè la memoria non venga trascurata e perchè l’uomo apprenda dalla storia la sua lezione più cruda. Dalle cronache di questi giorni, non sembra però che l’abbia imparata.
Oggi, a partire dall’Europa, lo scenario geopolitico è complicato. L’Ucraina, ma anche il Medio Oriente e l’Asia: si allarga sempre di più il fronte dei nuovi conflitti caldi. I governi dell’occidente non vogliono restare a guardare, ma fremono per poter intervenire. Le prospettive delineano un quadro incerto all’orizzonte. ridisegnare le sfere d’influenza e rafforzare le proprie posizioni. “Noi non ci troviamo in stato di una nuova Guerra Fredda – ha segnalato sulle pagine dell’edizione americana The National Interest l’ex ambasciatore degli USA in Russia Jack Matlockma- ma le pubbliche accuse, richieste e minacce da parte dei nostri leader evidentemente contribuiscono al ripristino di una tale atmosfera”.
Fa tremare anche l’allarme lanciato ieri dal re dell’Arabia Saudita, Abdullah bin Abdul Aziz che ha avuto un’inevitabile eco in Occidente. «Se li ignoriamo – ha detto l’anziano sovrano, riferendosi ai miliziani che in Siria e Iraq stanno fondando il loro Califfato – raggiungeranno l’Europa in un mese e l’America in un altro». A Gedda, nei giorni scorsi, si sono riunite le monarchie del Golfo (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati arabi, Kuwait, Oman e Qatar) che hanno condannato il terrorismo che sta scuotendo il mondo arabo e tutte si sono pronunciate per l’unità territoriale dell’Iraq. E questo nello stesso giorno in cui il New York Times pubblica un intervento del segretario di Stato americano John Kerry, che propone di formare la «più ampia coalizione possibile di nazioni» per impedire al «cancro dell’Isis di diffondersi ad altri Paesi». «Attendiamo maggiori dettagli per sapere cosa ci verrà chiesto» replica da Gedda il ministro degli Esteri del Kuwait, Sabah Khaled al Sabah, ma le monarchie arabe si dicono pronte ad agire.
A Gaza si registrano altre frizioni, dopo l’idea di Israele di progettare una nuova colonia in Cisgiordania. Si tratta di una nuova città per ebrei edificata a sud di Betlemme: in questo modo il governo israeliano intende perpetuare la memoria di tre ragazzi ebrei, rapiti ed uccisi lo scorso giugno in quella zona da una cellula palestinese, legata a Hamas. Il nome della futura città è quasi poetico: `Ghevaot´, colline. La reazione all’annuncio è stata esplosiva. «Così si pugnala politicamente alle spalle il presidente palestinese Abu Mazen», ha protestato il leader di Peace Now Yariv Oppenheimer. «Israele dimostra di non essere un partner di pace», ha concordato la dirigente dell’Olp Hanan Ashrawi, «vuole cancellare dal terreno ogni presenza palestinese».
Intanto, questa mattina, il presidente della Repubblica federale tedesca Joachim Gauck ricorderà a Danzica, insieme al presidente polacco Bronislaw Komorowski, l’attacco nazista di 75 anni fa. Un ricordo che potrebbe rivivere di un sapore amaro, se si perde di vista ciò che sta accandendo negli angoli di un mondo che non è così lontano.