C’è un solo modo per sconfiggere i terroristi, e non è quello di tirargli bombe addosso: isolarli. Per questo il mondo occidentale ha chiesto più volte ai rappresentanti dell’Islam moderato di prendere posizione nettamente contro l’Isis. Ora quel momento è arrivato: l’Università di Al-Azhar al Cairo, il più prestigioso centro d’insegnamento dell’Islam sunnita, ha chiesto l’uccisione e la crocifissione dei terroristi dell’Isis, esprimendo sdegno per la barbara uccisione del pilota giordano. In una durissima nota diffusa dopo il video in cui Maaz al-Kassasbeh veniva bruciato vivo, l’autorità religiosa ha chiesto “l’uccisione, la crocifissione e la mutilazione dei terroristi dell’Isis”. Il grand imam di Al-Azhar, lo sceicco Ahmed al-Tayeb, ha “condannato con forza questo vile atto terroristiche” e ha detto che “richiede la punizione prevista dal Corano per questi aggressori corrotti che combattono Dio e il suo profeta: la morte, la crocefissione o l’amputazione delle loro mani e dei piedi”.
Questa fatwa è di particolare importanza, non solo perché lanciata da un organismo influente nel mondo islamico, ma perché ha alla base il concetto per cui l’Isis sta rovinando l’islam, i suoi valori, i suoi principi. Ed è importante che ciò sia evidente. La pena della crocifissione e della mutilazione, infatti, viene applicata quando il condannato abbia tradito il Corano, ossia l’onta peggiore per un musulmano.
Il comunicato è stato reso pubblico nella notte tra martedì e mercoledì. Il governo di Amman intanto ha giustiziato all’alba la terrorista irachena, Sajida al-Rishawi, che l’Isis chiedeva in cambio per la liberazione degli ostaggi. Poche ore dopo che il gruppo jihadista aveva messo in rete il video con l’atroce morte del pilota giordano, bruciato vivo dentro una gabbia, la terrorista è stata giustiziata. Con lei, alle 03:00 ora italiana, nel carcere di Swaqa, a sud della capitale, è stato impiccato anche altro jihadista, Ziad al-Karbouli, collaboratore di Abu Musab al-Zarqawi, catturato nel 2006. Sajida al-Rishawi era la moglie di uno dei tre kamikaze che riuscirono a farsi saltare in aria ad Amman, nel 2005, causando 57 morti.
Giovedì, in una fase delicatissima della complessa e infruttuosa trattativa con i feroci jihadisti, era sembrato che lo scambio tra la al-Rishawi e gli ostagi ni mano all’Isis (il giornalista giapponese, Kenji Goto e il pilota giordano, Mouath al-Kassasbeh) fosse cosa fatta; ma Amman aveva chiesto la prova che il suo militare fosse ancora in vita come condizione per liberare al-Rishawi, e questa prova non era mai arrivata.