Una montagna di debiti e un forte calo delle vendite. Un combinato disposto che ha portato al fallimento la storica azienda americana produttrice di armi, Remington, che ha così dichiarato bancarotta. Fondata oltre 2 secoli fa, la società ha portato le carte in tribunale proprio nel fine settimana in cui Washington è stata pacificamente invasa da centinaia di migliaia di persone, accorse alla marcia anti-armi indetta sulla scia della commozione e delle polemiche per l'ennesima strage in un liceo, quello di Parkland in Florida, dove il 14 febbraio sono state uccise 17 persone.
Quello delle stragi è un tema noto alla Remington, che è stata citata in giudizio davanti alla Corte Suprema del Connecticut dai familiari delle 26 vittime del massacro alla scuola elementare di Sandy Hook, uccise nel dicembre 2012 da un 20enne che imbracciava proprio un fucile semiautomatico Bushmaster Ar-15. L'hedge fund Cerberus Capital Management, che detiene l'azienda produttrice di armi, ha reso noto che i debiti ammontano a una cifra tra i 100 e i 500 milioni di dollari. A questo si è aggiunto il calo delle vendite che nei primi nove mesi della nuova amministrazione Usa sono diminuite del 27,5%. La società ha scontato il cosiddetto “effetto Trump“: proprio perché il nuovo inquilino della Casa Bianca è considerato molto vicino all'industria delle armi e un sostenitore del Secondo Emendamento, la gente non teme una stretta sulle vendite e non fa incetta di armi.