E'ergastolo in Appello per Radovan Karadzic, l'ex leader politico della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina negli anni 90 che, tre anni fa, era stato condannato in primo grado a 40 anni di reclusione per genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, con particolare riferimento al massacro di Srebrenica, perpetrato nei confronti di oltre 8 mila musulmani bosgnacchi nel luglio del 1995. Ma i giudici de L'Aja hanno tenuto conto anche di altre atrocità commesse negli anni della guerra in Bosnia, come l'assedio di Sarajevo, uno dei più sanguinosi del dopoguerra. Inasprita, dunque, la condanna comminata a Karadzic in primo grado il 24 marzo 2016 (nella quale non si riconosceva l'accusa di genocidio contro la popolazione non serba di ulteriori sette località della Bosnia): a stabilirlo, i giudici del Meccanismo residuale internazionale per i Tribunali criminali, a sua volta subentrato al Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi).
La latitanza
E' durata oltre un decennio la sua latitanza, dal 1996 al 2008, quando venne arrestato dopo anni di caccia messa in atto dai più specializzati corpi d'investigazione del mondo, ostacolata da indizi oscuri, coperture e false piste, spesso camuffate con identità fittizie favorite dalla sua professione originaria, quella di psichiatra, per la quale conseguì una laurea proprio a Sarajevo. L'ultimo volto assunto, quello del sedicente dottor Dragan Dabic, con il quale lavorò in una clinica di Belgrado spacciandosi per un esperto di medicina alternativa, oltre che cultore del New Age, aprendo addirittura un sito internet specifico. Il fermo scattò il 21 luglio 2008, in circostanze e dinamiche ancora non del tutto chiare anche se, in quell'occasione, il governo serbo affermò che l'operazione non era stata condotta dalla Polizia. Subito dopo la cattura, Karadzic fu estradato all'Aja, presso il Tribunale penale internazionale. Nell'ottobre dell'anno successivo iniziò il processo.
Il processo
La sentenza di primo grado nei confronti dell'ex presidente della Repubblica Srpska fu duramente criticata dalle famiglie delle vittime di Srebrenica che, per lui, avevano chiesto l'ergastolo. Karadzic, da parte sua, fece ricorso in appello definendo ingiusta la condanna e sostenendo una presunta violazione dei suoi diritti durante il processo.