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Elezioni in Moldavia: regge il blocco europeista

La maggioranza filo europeista regge, ma scricchiola: è il risultato delle elezioni di domenica in Moldavia, il cui spoglio sta terminando in queste ore. Secondo quanto riportano gli esiti parziali del conteggio, la maggioranza andrà ai tre partiti europeisti, che raccolgono 53 seggi su 101 tra liberali, democratici, e liberaldemocratici. Sono 48, invece, i seggi conquistati dall’opposizione, 26 per il partito socialista filorusso e 22 per i comunisti di Vladimir Voronin. Ha votato il 55,86% degli elettori.

Sembrava una scelta tra est e ovest come molti dei quotidiani nazionali e internazionali hanno titolato in questi giorni: al momento, sembra che sia stata l’attrattiva europea a muovere i moldavi, più che l’abbraccio con la Russia Il piccolo paese post-sovietico è il più povero d’Europa: anche in relazione alla crisi Ucraina, gli osservatori politici erano particolarmente preoccupati per il risultato delle urne. Un altro problema del Paese, inoltre, sono le relazioni con la vicina regione secessionista di Transnistria, sostenuta dalle truppe russe sin dagli anni ’90.

Le elezioni di 4 anni fa avevano portato al potere a Chisinau una fragile coalizione di centrodestra tra liberali, democratici e liberaldemocratici, l’Alleanza per l’Integrazione Europea, sconfiggendo così i comunisti di Vladimir Voronin al potere dal 2001. Nonostante una maggioranza risicata e dissidi interni, la Coalizione Pro-Europea ha ottenuto, negli anni, importanti risultati. Innanzitutto la liberalizzazione dei visti per i cittadini moldavi e la firma dell’accordo di associazione e libero scambio con i Paesi dell’Unione.

La coalizione al governo, però, registra un calo che va dal 51% delle scorse consultazioni al 44% attuale: per contro, l’opposizione non è unita. Da una parte ci sono i vecchi comunisti moldavi dell’ex presidente Vladimir Voronin, che raccolgono ancora poco meno del 18%, consenso dimezzato rispetto al 39% del 2010. Metà dei voti comunisti, infatti, sono andati stavolta al partito socialista, ravvivato da una scissione dal blocco di Voronin guidata da Igor Dodon, che ha conquistato un 21%. Infine, il Partito Comunista Riformista, terza forza d’area, resta al di sotto della soglia di sbarramento del 6% e fuori dal Parlamento. La partecipazione al voto di un quarto partito, “Patria”, fondato da un businessman moldavo in Russia, è stata impedita dalla Corte d’appello a tre giorni dal voto per aver ricevuto fondi dall’estero – in particolare, da Mosca – ma il suo simbolo è rimasto sulle schede, cosa che potrebbe spiegare anche l’alto numero di voti nulli, pari al 4,5% del totale.

I 101 seggi al Parlamento di Chisinau essere così divisi: 53 andranno ai partiti europeisti e 48 all’opposizione. Tra i voti della diaspora moldava, il 90% è andato ai partiti di governo. I socialisti sono arrivati in vantaggio presso i moldavi residenti in Russia, in alcuni distretti della capitale Chisinau, e nella regione a popolazione turco-ortodossa della Gagauzia, possibile futuro focus di influenza da parte del Cremlino.

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