Dai tribunali egiziani arriva una nuova sentenza con pena capitale di massa. La Corte d’Assise di Giza ha emesso una sentenza di condanna a morte per 183 esponenti dei Fratelli Musulmani. L’accusa risale all’assalto dell’agosto 2013 ad un commissariato nella periferia est del Cairo dove morirono 11 agenti della polizia.
L’attacco avvenne il 14 del mese nel quartiere di Kirdasah e si scatenò in seguito alla sanguinosa repressione della manifestazione dell’organizzazione islamista internazionale che protestava per la deposizione del presidente Mohamed Morsi.La sentenza è di primo grado e appellabile.
Il fatto che i tribunali egiziani siano soliti operare nella giustizia con processi di massa è stato spesso criticato dalle istituzioni internazionali, governi e ong per carenze rispetto agli standard giuridici occidentali ma le autorità egiziane lo ritengono un passaggio necessario per far fronte alla minaccia interna rappresentata dalle violenze dei Fratelli Musulmani.
Una situazione simile si verificò quando un tribunale della città di Minya, nell’alto Egitto, ha condannò 545 persone con diverse accuse: “omicidio di un ufficiale di polizia, tentato omicidio di due agenti di polizia, incendio della stazione di polizia di Mattay nel governatorato di Minya, e furto di armi da fuoco il 14 agosto 2013, gestione di un gruppo vietato dalla legge e appartenenza allo stesso”. Il risultato finale fu quello di 37 sentenze capitali per ora annullate.
Nel caso del quartiere di Kirdasah, gli imputati sono 188 di cui 151 alla sbarra e 37 latitanti. Su di loro l’accusa è quella di aver tentato di uccidere dieci agenti, di aver danneggiato il commissariato, di aver dato fuoco ai mezzi blindati e alle vetture dell’autorità di sicurezza ed ifine di essere stati in possesso di armi. Oltre ai processi per condanne a morte ve ne sono altri sempre di massa ma con pene inferiori.