Nuova atroce esecuzione dell’Isis nella regione del Sinai, in Egitto. Stavolta la vittima non è, però, cristiana ma di religione islamica. Si tratta di un giovane che è stato “bruciato vivo” dai jihadisti “a Rafah“, nel Sinai nord-orientale. A riferire la notizia sono state diverse fonti locali che si sono presentate come testimoni oculari. Al giovane, hanno spiegato all’Ansa, in precedenza erano “stati cavati gli occhi”. La vittima si chiamava Ahmad Hamed e, secondo i testimoni, è stato ucciso con l’accusa di essere un collaboratore.
Già in passato egiziani che collaboravano con le autorità nella lotta contro l’Isis nella zona al confine con la Striscia di Gaza sono stati colpiti per rappresaglia e per scoraggiare altri dal farlo: vi erano stati anche diversi casi di sgozzamenti e decapitazione (una ventina solo tra il 2013 e il 2014 secondo il computo di un sito egiziano).
Nel Sinai nord-orientale la branca egiziana dell’Isis (gli ex-“Ansar Beit el-Maqdes“) da tre anni e mezzo conduce una sanguinosa guerriglia contro l’esercito. Il portavoce militare, con un comunicato sulla propria pagina Facebook, ha annunciato che sei “takfiri” (termine usato per indicare i jihadisti dello Stato islamico) sono stati uccisi e 18 “sospetti” sono stati arrestati. Il portavoce, annunciando fra l’altro anche la distruzione di due “depositi di esplosivo”, non ha precisato il lasso di tempo in cui vi sono state le uccisioni (che comunque sono definibili frequenti: circa 500 solo tra settembre e l’inizio del mese scorso secondo fonti ufficiali). Fonti dal Sinai hanno riferito di “un morto fra le reclute e tre altri feriti”.