Nuovo attacco bomba in Egitto. È successo la scorsa notte ad al-Arish, nel nord del Sinai. Il bilancio dell’ennesimo attacco dinamitardo è di 4 morti e tre feriti. Lo hanno riferito fonti della sicurezza stando a quanto scrive l’agenzia Mena. Le vittime lavoravano per una società di pulizie e l’ordigno è esploso quando stavano raccogliendo la spazzatura. I feriti sono stati ricoverati in ospedale.
La Penisola che gli storici egiziani chiamano lo “scatolone di sabbia”, il Sinai, è terra di nessuno dominato da beduini e da gruppi radicalizzati. Proprio qui nelle scorse ore un’operazione dell’esercito egiziano ha portato all’uccisione del capo dello Stato Islamico nel Sinai, Abu Doaa Al Ansari. Il leader del gruppo locale aveva giurato fedeltà al Califfo nero nel novembre del 2014. L’esercito ha colpito su segnalazione dell’intelligence che era riuscita a individuare la capanna tra gli ulivi che faceva da base ad Al Ansari, ucciso da un missile lanciato durante il raid. I portavoce dell’esercito spiegano che il blitz aereo di ieri fa parte di una campagna militare per la sicurezza del Sinai: in una settimana sarebbero stati ammazzati 45 fondamentalisti tutti legati al leader.
La penisola del Sinai è zona di congiunzione tra i continenti africano e asiatico. Territorio conteso tra Israele e l’Egitto durante la Guerra dei sei giorni, conquistata dal governo di Gerusalemme nel 1967, ritornò all’Egitto undici anni dopo, nel 1978, grazie gli Accordi di Camp David. Nonostante la governance del Cairo, il Sinai di fatto è rimasto un “Far West” dove, a dettare legge con metodi brutali, sono le milizie dei vari gruppi terroristi.