La Scozia teme di perdere fra un minimo di 30.000 e un massimo di 80.000 posti di lavoro a causa della Brexit e torna a criticare il governo britannico dopo i segnali d’un’accelerazione “hard” verso il divorzio da Bruxelles riecheggiati nei giorni scorsi dalle parole della premier Theresa May al congresso del Partito Conservatore di Birmingham.
I dati negativi vengono sottolineati oggi da Joan McAlpine, la presidente del comitato Affari Europei del parlamento locale di Edimburgo, esponente degli indipendentisti dell’Snp. Anche se essi emergono da una ricerca dell’Allander Institute che nel complesso prevede un impatto “attutito” degli effetti della Brexit sull’economia scozzese, grazie ai margini d’autonomia. Resta comunque la polemica contro il governo May.
E McAlpine denuncia in particolare come la Scozia – il cui elettorato ha votato in controtendenza a larga maggioranza per la permanenza nell’Ue nell’ambito del referendum del 23 giugno scorso – “non sia stata consultata” da Downing Street prima dell’annuncio del cosiddetto “Great Repeal Bill“: la Legge per la Grande Abrogazione annunciata dalla premier a Birmingham come primo passo verso lo sganciamento dall’Europa, con la trasformazione di tutte le leggi comunitarie in leggi nazionali.
Una misura che renderà possibile al parlamento britannico di Westminster – a Brexit attuata – cancellare o modificare a piacimento ogni norma valida per tutto nel territorio del Regno Unito: senza che Edimburgo – accusa l’Snp – possa dire la sua.