Il Cremlino non cambierà inquilino. Questo lo sappiamo. Troppo deboli le opposizioni e troppo vasto il consenso attorno a Vladimir Putin, che si appresta a essere eletto per la quarta volta come presidente della Russia. Un successo, quello dello “zar”, costruito attorno alla figura dell'uomo forte, in grado di risollevare l'economia e il morale di un Paese avvilito dopo il crollo del blocco sovietico e che ora si sta rilanciando sulla scena internazionale. Ne abbiamo parlato col prof. Aldo Ferrari, docente di storia della Russia all'università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma “Russia; Caucaso e Asia centrale” dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).
I sondaggi danno Putin a oltre il 70%. Questo significherebbe superare di gran lunga il 63,6% del 2012. Possiamo dire che queste presidenziali si stanno trasformando, più che altro, nel termometro con cui il leader del Cremlino misurerà la crescita del consenso attorno a sé?
“Direi di sì. Queste elezioni non hanno altro significato politico, non esistendo un'opposizione vera. L'unico reale rivale, Navalny, è stato escluso dalla corsa per il Cremlino. Di conseguenza si misurerà il consenso attorno a Putin non tanto in base ai voti che riceverà, quanto sul numero delle persone che si recheranno alle urne. Se l'affluenza fosse bassa potrebbe essere interpretato come un segnale. Aggiungo una cosa…”
Dica…
“Dopo l'annessione della Crimea la popolarità di Putin è schizzata. Un 60%, che farebbe felice qualunque politico del mondo, verrebbe giudicato come non sufficiente. I sondaggi, come diceva, lo attestano a oltre il 70% e credo si profili un risultato assolutamente soddisfaciente per lui e per il suo blocco di potere”.
Ha parlato di opposizione. Al netto dei duri e puri di Navalny, cui è stato impedito di candidarsi, esiste in Russia un progetto politico che nei prossimi anni potrà essere in grado di impensierire Putin e il suo establishment?
“Apparentemente no. L'unico leader emerso in questi anni è Navalny, che però preferisce concentrarsi, sia pur a ragione, su elementi non così decisivi, come il fatto che buona parte del potere del blocco putiniano sia basato su corruzione ed egemonia sugli strumenti politico-economici del Paese. Per il resto non esistono oppositori veri, in grado di proporre un'alternativa di tipo liberale occidentale all'idea putiniana di una Russia grande, forte e autonoma. E questo perché quella russa è una società che non ha, al proprio interno, numeri per sostenere una visione di questo tipo”.
Si profilano gli ultimi 6 anni della seconda stagione putiniana al Cremlino, visto che la costituzione russa pone il limite di due mandati consecutivi. Pensa che durante questo tempo si rifletterà sulla successione o si proseguirà col gioco dell'alternanza come avvenuto con Medvedev?
“E' una domanda che ci stiamo ponendo, ma rispondere non è semplice. Dobbiamo fare un passo indietro. Nella metà del '99 Putin era ancora un semisconosciuto. Venne scelto da un determinato blocco di potere – formato da ufficiali dell'esercito, servizi segreti e vertici industriali – di cui oggi è sia l'espressione che la guida. Nei prossimi 6 anni, insieme alle persone del suo entourage, rifletteranno su quale sia la soluzione migliore per garantire continuità alla Russia e a questo blocco”.
Esclude una modifica della costituzione?
“Non l'ha fatto sinora e dubito che lo farà in futuro. Dobbiamo tenere conto anche del dato anagrafico: fra 6 anni Putin ne avrà quasi 70 e potrebbe trovare modo di delineare una successione condivisa. Fare una previsione è difficile e forse non è nemmeno la cosa più importante. Putin rappresenta il punto di equilibrio fra le istanze politiche e sociali della Russia. Ed è possibile che da qui al 2024 il contesto cambi e possa decidere di far convergere questo punto d'equilibrio su un'altra persona indicata da lui”.
Magari ritagliandosi un ruolo da padre nobile…
“Qualcosa del genere. Anche perché lui tiene molto alla sua figura di leader vigoroso, anche fisicamente. A 70 anni farebbe fatica a perpetuare questa immagine”.
Come ha costruito in questi anni un consenso quasi plebiscitario?
“Innanzitutto ponendo fine al caos socio-economico-politico degli anni 90, combattendo contro il blocco degli oligarchi che si erano arricchiti a danno della collettività e riportandoli sotto il controllo statale. Limitando poi l'autonomia dei soggetti costitutivi della Federazione Russia che rischiava di dissolversi. Infine riprendendo il controllo, se vogliamo anche in modo liberticida, dei mezzi di comunicazione di massa. Oltre a questo ha saputo sfruttare l'opportunità dell'improvviso aumento del prezzo del petrolio, di cui la Russia è tra i maggiori produttori al mondo. Ciò gli ha consentito di migliorare nettamente l'economia del Paese. Tutto questo gli ha consentito non solo di diventare sempre più popolare ma anche di riportare Mosca sulla scena internazionale”.
A proposito di scena internazionale. Putin sta puntando molto sull'immagine di una Russia in grado di contrastare il potere politico e militare americano. Crede a quanti paventano il rischio di una nuova Guerra Fredda?
“Guerra Fredda è un termine che andrebbe utilizzato solo per descrivere quel particolare periodo storico, caratterizzato da un fortissimo contrasto ideologico e geopolitico. Detto questo è indubbio che i rapporti tra Mosca e l'occidente siano peggiorati in maniera nettissima e continuino a farlo, non solo per colpa della Russia. Visioni, narrative e interessi sono diversi, non tanto, però, da giustificare la crisi attuale. Se non si interviene rapidamente la situazione continuerà a peggiorare portando non a una nuova Guerra Fredda ma a una costanza di rapporti deteriorati con danni sia per loro che per noi”.
L'affermarsi in Europa delle forze sovraniste che hanno in Putin il loro punto di riferimento politico potrà cambiare la posizione, sin qui molto rigida, dell'Ue nei confronti della Russia?
“Credo che, purtroppo, si sia consolidato un blocco di nazioni antirusse – specie nell'Europa orientale con il sostegno della Germania di Angela Merkel – che difficilmente potrà cambiare. Un solo Paese governato da forze sovraniste non avrebbe la forza o il coraggio di opporsi individualmente alle sanzioni e di chiedere un cambiamento di atteggiamento nei confronti di Mosca”.
La Russia è stata a più riprese accusata di influenzare il voto nei Paesi occidentali per favorire l'avanzata di questi partiti…
“Perdoni il termine poco diplomatico: sono idiozie. Mi chiedo come si possa pensare che il singolo votante, ad esempio, del Front National o della Lega, sia influenzato da Putin. E come si faccia a non tener conto delle condizioni dei singoli Paesi nell'interpretare le scelte elettorali. O a non considerare la scarsissima audience, a fronte dell'elevato numero di elettori, di testate vicine al Cremlino come Sputnik e Russia Today. Mi sembra un battage pubblicitario privo di senso. Un atto di diversione e di strumentalizzazione. Bisogna semmai soffermarsi su un fatto…”
Quale?
“Di fronte a scenari politici poco soddisfacienti e a misure politiche grigie, incerte e burocratiche, Putin per una parte consistente dell'opinione pubblica europea rappresenta un'alternativa. Un leader forte, con le idee chiare, che quando promette una cosa la fa, che sistema le cose in Siria, e la cui svolta conservatrice viene vista come una risposta alla crisi valoriale dell'Occidente. Trovo molto più legittimo pensare a un'attrazione di tipo politico, piuttosto che a influenze sotterranee”.