Pechino ha “sequestrato” un autentico tesoro: mille mld di yuan (157 mld di dollari, pari al 6% del bilancio annuo di tutta la Cina) accumulato negli ultimi anni da governi locali che non hanno speso le somme loro assegnate a bilancio. In economia vengono chiamati “residui passivi”, vale a dire delle somme stanziate a bilancio ma mai utilizzate. In Cina rappresentano un aspetto della dilagante piaga della corruzione dei leader cinesi locali, quelle cosiddette “tigri” alle quali il presidente Xi Jinping ha dichiarato, al suo insediamento, di voler “strappare gli artigli”.
Il governo investirà i fondi requisiti in progetti produttivi per rilanciare l’economia che viaggia a un ritmo di crescita ufficiale del 7%. Un ritmo altissimo per l’economia stagnante dell’occidente, ma insufficiente per la Cina per poter garantire la crescita del benessere per l’intera popolazione, quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti dislocati in un’area vasta 10 milioni di Km quadrati.
Il brusco rallentamento dell’economia cinese dei mesi scorsi ha influenzato sia il mercato interno sia le borse estere. Il governo ha cercato di frenare l’uscita dei flussi di capitali svalutando la moneta e allentandone l’aggancio con il dollaro in ascesa. Il provvedimento ha mandato in rosso i mercati azionari europei dove anche i titoli dei gruppi automobilistici che avevano puntato molto sulla Cina hanno accusato forti perdite assieme a quelli delle materie prime e del lusso.