Una petroliera iraniana è stata colpita da due missili al largo della costa dell'Arabia Saudita, a 120 chilometri di Gedda, secondo l'agenzia statale iraniana Isna: “Si tratta di un attacco terroristico”. Non si sa ancora quale sia l'entità del danno. Si parla di una perdita di petrolio nel Mar Rosso. Tutto l'equipaggio a bordo della petroliera “è illeso e la nave è stabile“, dichiara la compagnia petrolifera nazionale iraniana precisando che non c'è nessun incendio a bordo.
A rischio l’intera regione
“I rapporti tra Arabia Saudita e Iran sono cruciali non solo per l’equilibrio di potenza regionale, ma per l’ordine mondiale – sottolinea Limes -. A partire dalla rivoluzione iraniana nel 1979, le relazioni fra le due sponde del Golfo hanno conosciuto vari gradi di tensione, dal momento che Teheran ha cercato di esportare il verbo khomeinista puntando a farsi leader della regione”. I paesi del Golfo e in particolare l’Arabia Saudita, sottolinea la rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo, non cercano lo scontro a tutti i costi, ma intendono raggiungere un equilibrio con l’Iran tra le costanti della geografia e le variabili politiche. Pertanto, non rigettano a priori il dialogo con Teheran, a patto però che esso poggi su basi solide. “L’Arabia Saudita e l’amministrazione Trump concordano sul ruolo destabilizzatore di Teheran – evidenzia Limes -. Dopo il primo test iraniano sui missili balistici dal suo insediamento, il presidente degli Stati Uniti aveva confermato che ogni opzione è valida per rispondere a queste provocazioni e ha annunciato nuove sanzioni per colpire entità e individui sospettati di aver fornito supporto logistico al programma missilistico iraniano”.
Il ruolo degli Usa e la guerra in Yemen
Tutto ciò si riflette negativamente sul conflitto saudo-iraniano perché, nel caso Washington opti per l’escalation nei confronti di Teheran, l’Arabia Saudita non sarà immune dalle conseguenze di tale scelta. E il conflitto Iran-Iraq degli anni Ottanta rappresenta in tal senso un’importante fonte di lezioni sull’impossibilità di rimanere neutrali in una nuova guerra del Golfo. A rendere ancora più drammatica la tensione nell’area è il conflitto per interposta milizia nello Yemen. Secondo l’Ispi, gli insorti yemeniti stanno sfruttando l’escalation fra sauditi e iraniani per fini di politica interna: mostrarsi capaci di fare “così tanto male” a Riyadh, rivendicando gli attacchi contro le sue installazioni petrolifere, è una strategia per contare di più a livello negoziale, costringendo l’Arabia Saudita a scendere a patti in Yemen. “Uno scenario che appare ancora lontano, ma non surreale – analizza Elonora Ardemagni -. Per gli houthi, il riconoscimento informale della governance sul nord del paese passerebbe proprio dall’essere accettati come interlocutori, facendo leva su crescenti capacità offensive e di coordinamento transnazionale”.
Sauditi in difficoltà
Perché gli insorti del nord alzano il livello dello scontro, con un mix di droni, missili e propaganda, proprio adesso? La scelta dei tempi, per l’Ispi, non è casuale. Il 5 settembre gli Stati Uniti hanno pubblicamente confermato, tramite un loro alto diplomatico in visita nel regno, che gli americani hanno avviato colloqui con gli insorti sciiti per risolvere il conflitto yemenita: il preludio a un possibile contatto fra houthi e sauditi mediato da Washington, che implicherebbe il ritorno al tavolo negoziale. “E poi c’è il sud dello Yemen: da agosto, i sauditi lottano indirettamente per controllare almeno questa parte dello Yemen, mediante le forze del governo riconosciuto dalla comunità internazionale- sottolinea Ardemagni-. Il regno saudita non può permettersi due fronti aperti (nord e sud) contemporaneamente, specie ora che gli alleati Emirati Arabi Uniti si sono ritirati dalla costa ovest. Ad Aden e in altre aree meridionali, il fronte militare anti-houthi è infatti in guerra al suo interno: i secessionisti meridionali filo-emiratini combattono apertamente contro i governativi sostenuti da Riyadh”. Per l’Arabia Saudita, lo spettro dell’accerchiamento aereo e marittimo (Iran, houthi, Hashd al-Shaabi; Hormuz e Bab el-Mandeb), è ormai una realtà. La minaccia alla sicurezza nazionale dei sauditi è fortissima e, secondo l’Ispi, un problema altrettanto grave per alleati e sicurezza globale.