Oscar Perez, poliziotto ribelle nei confronti del governo Maduro, potrebbe essere stato ucciso durante un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza venezuelane. A riferire della presunta morte dell'ex agente di polizia è stata la Cnn la quale, citando fonti del Venezuela, aveva riferito dell'avvenuta individuazione dell'uomo nell'area di Libertador, nei pressi della periferia di Caracas, rintracciato attraverso il segnale del suo telefono satellitare. Il ribelle sarebbe stato avvistato nel quartiere di El Junquito, dove sarebbe avvenuto lo scontro a fuoco fra i suoi uomini e le forze governative: la sparatoria, stando a quanto riportato, sarebbe costata la vita a diverse persone, fra cui due agenti di polizia. Il Ministero dell'Interno aveva comunicato un'operazione (con conseguente eliminazione) nei confronti dei “membri di una cellula terroristica che ha opposto resistenza”.
L'ultimo video
Ad alimentare i sospetti sul suo decesso, però, è stato soprattutto un video diffuso sul social network Instagram, nel quale Perez appariva con il volto coperto di sangue. Nel filmato, rivolgendosi al pubblico, ha pronunciato la frase “Ci stanno uccidendo”, prima di interrompere la registrazione. Non molto tempo prima, lo stesso Perez aveva pubblicato un altro video, nel quale aveva annunciato di star cercando un negoziato con le autorità e di non voler arrivare a uno scontro armato. Una profezia che, a quanto sembra, non si sarebbe avverata anche se la sorte del poliziotto ribelle, al momento, non è ancora chiara: sicuramente, nell'ultimo filmato, era possibile udire i suoni di esplosioni e di proiettili in sottofondo.
Le azioni del ribelle
Oscar Perez era balzato agli onori della cronaca nel giugno scorso quando, nel periodo delle sanguinose repressioni del governo Maduro, pilotando un elicottero della Polizia scientifica aveva lanciato alcune granate contro la Corte suprema venezuelana rea, secondo l'opposizione, di rafforzare il potere governativo con le sue sentenze. Il ribelle, assieme ad alcuni suoi compagni, aveva aperto il fuoco anche contro il Ministero dell'Interno e quello della Giustizia. L'azione aveva destato grande scalpore e spinto Maduro a indicare Perez come “il peggiore dei traditori”, strumento di quello che, secondo il presidente, sarebbe stato un complotto ordito e finanziato dagli Stati Uniti. Dopo un periodo di clandestinità, con sporadiche apparizioni sul web, l'ex poliziotto era tornato a gettare scompiglio alle autorità assalendo, lo scorso 19 dicembre, un'unità della Guardia nazionale, alla quale aveva sottratto numerose armi da guerra. In quell'occasione, Maduro arrivò a definire Perez come “il nemico pubblico numero uno”.