Brucia il Golfo Persico. Nella notte due droni hanno bombardato e incendiato il principale impianto di lavorazione di petrolio dell'Arabia Saudita gestito dalla compagnia nazionale Saudi Aramco a Buqyak, e un giacimento nel campo di estrazione nella zona del Khurais. I vigili del fuoco hanno dovuto lavorare molte ore per domare gli incendi causati dagli attacchi. Le autorità saudite hanno comunicato che la situazione è sotto controllo. L'entità dei danni non è ancora nota, né si sa sono ci sono state vittime in quello che è il peggior attacco subito dal paese dal 2015. L'anno dello scoppio della guerra civile in Yemen e dell'intervento militare saudita in favore delle autorità di San'a, avversate dal gruppo armato sciita degli Houthi.
I ribelli
Gli attacchi non sono ancora stati rivendicati, ma i sospetti di Riad si concentrano sulle milizie Houthi. Da anni i ribelli yemeniti, sostenuti dall'Iran nel conflitto che ha condotto il paese in una catastrofica crisi umanitaria, lanciano offensive con lanci di missili e bombardamenti con i droni contro l'Arabia Saudita. Nel mirino, le infrastrutture, le basi militari e le raffinerie del regno di Salman al Saud. Il mese scorso la formazione sciita dello Yemen aveva rivendicato un attacco all'impianto di liquefazione di Shaybah. In realtà esiste una minoranza sciita anche in Arabia Saudita, paese a maggioranza sunnita, che per alcuni anni ha portato avanti attività di guerriglia. Ma il tipo di droni usati negli ultimi attacchi non sarebbe di quelli che hanno in dotazione i ribelli sauditi. Inoltre gli Houthi disporrebbero anche di tecnologie avanzate che gli consentoni di inviare velivoli del tipo UAV-X in grado di spingersi per 1500 chilometri nei territori sauditi e arrivare al confine con gli Emirati Arabi Uniti, un altro paese intervenuto nella guerra civile yemenita.
Gli obiettivi
L'impianto di Buqyak sarebbe, stando a quando detto da Saudi Aramco, il più grande al mondo tra quelli in cui si stabilizza il greggio prima di inviarlo alle raffinerie per la lavorazione finale. Riuscirebbe a produrre fino a sette milioni di barili al giorno. Quello di Khurais, a poco più di 300 chilometri dalla capitale del Regno, arriverebbe a estrarre petrolio per un milione di barili giornalieri e disporrebbe di riserve fino a 20 miliardi.