“In alcuni Paesi dell’Eurozona sono stati fatti passi avanti per ridurre la disoccupazione giovanile e col consolidamento della ripresa diminuirà ulteriormente”. Così Mario Draghi, intervenuto al Trinity College di Dublino sul tema della disoccupazione giovanile. “Ma per affrontare le cause strutturali della disoccupazione giovanile, sono necessarie forme di protezione omogenee tra i lavoratori, accordi di lavoro flessibili, programmi di formazione professionale efficaci, un elevato grado di apertura del commercio e sostegni per ridurre i costi sociali della mobilità”.
I giovani, ha aggiunto il presidente della Bce, “non vogliono vivere con i sussidi. Vogliono lavorare ed allargare le proprie opportunità ed oggi, dopo la crisi, i governi sanno come rispondere alle loro richieste e come creare un ambiente in cui le loro speranze possano avere una opportunità“. Draghi ha esortato quindi i governi “a rispondere alle loro richieste”, per il futuro dei “loro Paesi e della loro democrazia“.
L’ex governatore di Bankitalia ha spiegato che “la segmentazione del mercato del lavoro e una scarsa formazione professionale sono tra i principali motivi dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile persistente in diversi Paesi colpiti gravemente dalla recessione come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo”. Il presidente Bce ha sottolineato invece che Paesi come “Germania e Austria sono riusciti a mantenere bassa la disoccupazione giovanile grazie ad efficaci programmi di formazione professionale e piani mirati ai giovani più svantaggiati“.
Poi l’invito rivolto agli studenti che lo ascoltavano: “Rimanete curiosi, imparate dal mondo, la curiosità è ciò che spinge a esplorare nuove opportunità professionali e ambienti diversi e ad essere creativi. Non perdete mai il vostro coraggio”.
Per le banche centrali, ha detto, “la dimensione dominante sono i rischi ai cyber-attacchi. Alla Bce stiamo studiando tutto questo, e la nostra conclusione è che in questo momento la tecnologia non è ancora abbastanza matura per essere considerata dalle banche centrali per le loro politiche o per i sistemi di pagamento“.