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Draghi: “Ampie prospettive di crescita”

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Il lavoro non è ancora finito, ma stiamo raccogliendo i frutti dei nostri sforzi: la crescita è stata positiva per oltre cinque anni e il tasso di disoccupazione è al livello più basso da novembre 2008″. Mario Draghi, di fronte alla commissione Affari Economici del Parlamento europeo fa il punto sullo stato di salute dell'area Euro. Lo fa ricordando la “grave recessione” iniziata 10 anni fa, che ha “messo in luce debolezze strutturali e ci ha costretti ad affrontarle..”. 

Nuove minacce

Oggi le prospettive di crescita sono “ampie“, malgrado le “minacce” provenienti da protezionismo, vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari siano diventate più “importanti”. 
“In prospettiva, le ultime proiezioni macroeconomiche della Bce confermano le prospettive per una crescita continua ed ampia dell'economia dell'area dell'euro – spiega Draghi – la crescita media annua dovrebbe essere del 2,0% nel 2018, dell'1,8% nel 2019 e dell'1,7% nel 2020, con una leggera revisione al ribasso per il 2018 e il 2019, che riflette principalmente il commercio globale più debole”. Conseguenza, quest'ultima, proprio delle politiche dei dazi inaugurate dagli Stati Uniti di Donald Trump

Crescita

Nel secondo trimestre del 2018 la crescita dell'Eurozona è stata dello 0,4%. “Nonostante qualche moderazione – sottolinea il presidente della Bce – l'economia continua a mostrare livelli elevati di utilizzo della capacità produttiva, mentre i mercati del lavoro si stanno irrigidendo con segnali di carenza di manodopera in alcuni paesi e settori. Ciò si riflette nel tasso di disoccupazione dell'area dell'euro che si è attestato all'8,2% a luglio. Rispetto a cinque anni fa, l'occupazione nell'area dell'euro è cresciuta di 9,2 milioni“.

Quantitative easing

Inevitabile un passaggio sulla fine del quantitative easing. Nonostante la riduzione dell'acquisto di titoli a 15 miliardi al mese a partire da ottobre, “la politica della Bce continuerà a essere accomodante”. Francoforte “ha deciso di mantenere il significativo stimolo di politica monetaria nella presente configurazione e in linea con il piano annunciato in giugno a Riga, di ridurre il ritmo mensile degli acquisti netti di asset a 15 miliardi di euro da ottobre fino alla fine dell'anno. Prevediamo che termineremo allora i nostri acquisti netti di asset, decisione soggetta all'arrivo di dati che confermino il nostro outlook di medio termine per l'inflazione”.

L'Italia

Draghi smentisce poi un presunto occhio di riguardo nei confronti dell'Italia. “Non è assolutamente vero che la Bce ha offerto all'Italia dei prestiti, la Bce ha comprato dei titoli sovrani e dei titoli di società in ogni Paese a secondo del suo capitale di riferimento. Non c'è alcun privilegio nei confronti di un Paese. Noi facciamo la politica monetaria per tutti i Paesi, vogliamo la stabilità dei prezzi in tutta l'Europa non in un Paese o in un altro”. A proposito della legge di Bilancio che il governo italiano è pronto a varare, Draghi ribadisce di voler “attendere i fatti, perché le parole hanno fatto danni”. “L'evidenza che noi abbiamo è che le banche sui nuovi prestiti hanno, da aprile in poi, aumentato di 20 punti base i prestiti soprattutto alle piccole e medie imprese. Mentre per le grandi imprese che emettono titoli obbligazionari i costi sono andati più su, molto più su, si parla di 64 punti base sulle emissioni obbligazionarie delle grandi imprese”. Secondo Draghi, “non sono solo i tassi del credito bancario ad essere aumentati, ma sono diventate più esigenti le condizioni relative alle garanzie e alle clausole contrattuali. Questa è la situazione. Mentre le imprese degli altri Paesi continuano a pagare tassi che erano quelli di prima, forse anche più bassi”. Per quanto riguarda le famiglie “è soprattutto nel credito al consumo, cioè per i piccoli prestiti, che i tassi sono aumentati di circa 20 punti base. Forse anche qualcosa di più. Per quanto riguarda i mutui invece il pocesso è più lento”.

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