Nuovo giro di vite sulla sicurezza da parte dell’Etiopia che ha prorogato per altri quattro mesi lo stato d’emergenza dichiarato lo scorso anno e che due settimane fa era stato allentato. La proposta, presentata dalla Segreteria di Stato per le emergenze, è stata approvata all’unanimità da Parlamento di Addis Abeba.
Il ministro della Difesa, Siraj Fegessa, chiedendo l’estensione del provvedimento ha spiegato che in Etiopia esistono persone che minacciano la pace e l’ordine pubblico, una situazione insostenibile cui è necessario porre un argine. Lo stesso Fegessa, lo scorso 15 marzo, aveva alleggerito il pacchetto sicurezza varato nel 2016, riducendo alcuni poteri speciali riconosciuti alle forze dell’ordine, come quello di fermare i sospettati di disordini o di eseguire perquisizioni nella case senza l’autorizzazione del giudice. Era stato revocato anche il coprifuoco che dal tramonto all’alba impediva l’accesso ai non autorizzati all’interno dei palazzi dell’economia e della finanza, delle fabbriche e di alcune infrastrutture. Il Parlamento è più volte intervenuto per contrastare le frequenti violazioni dei diritti umani durante le operazioni di sicurezza.
Lo stato d’emergenza è stato proclamato per la prima volta il 9 ottobre del 2016 per contrastare i violenti disordini esplosi in alcune aree del Paese che avevano comportato enormi danni alle proprietà di multinazionali e imprese locali. Prima che il provvedimento fosse adottato (il 2 ottobre) 50 persone erano morte durante una rissa scoppiata nel corso di un festival a Bishoftu. Gli scontri avevano reso necessario l’intervento della polizia che aveva utilizzato gas lacrimogeni e sparato colpi di avvertimento per disperdere la folla. Negli ultimi mesi in cinquecento hanno perso la vita e migliaia sono stati arrestati a seguito delle manifestazioni andate in scena nelle regioni di Amhara e Oromia. Diversi organismi internazionali, tra cui le Nazioni Unite e l’Unione Europea, hanno a più riprese chiesto al governo etiope di esercitare moderazione contro i manifestanti.