Save the Children e le Ong di Watchlist on Children and Armed Conflict chiedono alle Nazioni Unite di reinserire l’Arabia Saudita, e gli altri Paesi della coalizione impegnata nella guerra civile in Yemen, nella blacklist degli Stati che violano i diritti dell’infanzia.
Accuse nuovamente respinte al mittente da Riad la quale sostiene – si legge nel rapporto, cui ha contribuito anche con lavoro sul campo la giornalista italiana Laura Silvia Battaglia – che la propaganda dei ribelli Houthi (sostenuti dall’Iran, ndr) starebbe esagerando, gonfiando i dati relativi al numero di persone rimaste uccise. A oggi, rende noto il dossier rilevando che le violenze sono perpetrate contro la popolazione da tutte le parti in causa, soltanto il 45% delle strutture ospedaliere del Paese è ancora in funzione.
Se dall’inizio del conflitto la metà delle strutture sono state distrutte, quelle ancora in piedi mancano di medicinali e materiali, dei quali è impossibile fare rifornimento dopo il blocco marittimo “de facto” del porto di Hodeidah. A inizio 2017, riferisce infatti Save the Children, è stato impedito anche l’approdo delle navi che avrebbero dovuto consegnare i medicinali raccolti dalla ong e destinati a curare i bambini colpiti da diarrea, morbillo, malaria e malnutrizione.
Secondo gli ultimi dati disponibili, ricorda la ricerca, lo Yemen attraversa la più grave emergenza alimentare, con 17 milioni di persone colpite da insicurezza alimentare. Secondo l’Unicef, inoltre, ogni 10 minuti un bambino yemenita muore per cause legate alla guerra in atto nel Paese. Già nel 2016 le Nazioni Unite avevano inserito l’Arabia Saudita nella lista nera di chi compie violazioni contro i diritti dei minori, ripensandoci però solo una settimana dopo.
L’ex segretario generale, Ban Ki-moon, ricorda lo studio, aveva fatto sapere che Riad aveva minacciato di tagliare le risorse destinate ai fondi per i programmi umanitari. Gli Usa da parte loro starebbero in questi giorni considerando la possibilità di aumentare il sostegno alla coalizione a guida saudita, cui già forniscono sostegno di intelligence e nel rifornimento aereo, per spingere gli Houthi ai negoziati.