Il governo palestinese, guidato dal premier Rami Hamdallah, ha presentato le proprie dimissioni al presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas. Lo rende noto l'agenzia Wafa, che cita una dichiarazione dello stesso esecutivo.
Comunicato
Nella nota si legge che l'organismo “continerà a servire la nostra gente, ovunque si trovi, e si assumerà tutte le responsabilità sino alla formazione di un nuovo governo”. Hamdallah ha poi espresso “il suo apprezzamento e quello degli altri membri dell'esecutivo per la fiducia e il sostegno ricevuto dal presidente (Abu Mazen ndr) e dalla leadership palestinese durante tutto il mandato”.
Divisioni
Viene poi auspicato un successo “delle consultazioni elettorali per formare al più presto un nuovo esecutivo” sottolineando che “qualunque risultato conseguito da un esecutivo nell'esercizio delle sue funzioni passa attraverso la fiducia del popolo palestinese e quella di tutte le fazioni e le componenti della società palestinese”. Ciò consente “di superare le difficoltà e affrontare le sfide con una forte volontà nazionale” e “di soddisfare l'aspirazione del nostro popolo a porre fine alle divisioni, a raggiungere la riconciliazione nazionale, a porre fine all'occupazione (israeliana ndr), a rafforzare le fondamenta delle istituzioni dello Stato di Palestina, a conseguire i nostri legittimi diritti nazionali, a raggiungere la nostra indipendenza nazionale e stabilire l'indipendenza e piena sovranità dello stato palestinese sui confini del 1967: in Cisgiordania, Striscia di Gaza e a Gerusalemme, quale capitale”. Passaggio che rende esplicite le divisioni tra le varie fazioni palestinesi, causa – fra le altre – del passo indietro compiuto dal governo.
Hamas
Abbas, interlocutore privilegiato della comunità internazionale e senza un vero contro-potere all'interno dell'Anp, è attualmente impegnato a formare una nuova coalizione, sforzo ampiamente considerato dagli analisti un modo ulteriore di isolare i rivali islamisti di Hamas, al potere nella Striscia di Gaza. I quali, da parte loro, hnno criticato il passo indietro dell'esecutivo, accusando Abu Mazen di perseguire i propri interessi, mettendo in piedi un “governo separatista“.