Il governo britannico ha presentato il suo progetto per il trasferimento alla Scozia di nuovi poteri in materia di tasse, welfare, trasporti ed energia. Il piano è basato sui lavori della commissione Smith, istituita all’indomani del referendum che in Scozia ha bocciato la proposta di indipendenza, che aveva fatto delle proposte pubbliche per garantire al Parlamento di Edimburgo maggiore autonomia.
Il Premier Cameron ha parlato di un adeguato punto di approdo, con un regime di devolution più ampio di quelli esistenti nel mondo sviluppato, ma ha anche affermato di non voler spendere i prossimi cinque anni a discutere del giusto equilibro tra i poteri. Il leader di Downing Street ha aggiunto che il piano, che attribuisce a Holyrood il controllo delle imposte sul reddito e delle aliquote, implica che i parlamentari scozzesi non votino a Westminster sulle medesime questioni che riguardano l’Inghilterra e il Galles, e si è impegnato a portare avanti le proposte su “voti inglesi per leggi inglesi” nelle prossime settimane.
C’è malcontento però sul lato scozzese: un sondaggio di Ipsos Mori rileva però che per gli scozzesi non sono sufficienti le nuove concessioni. Tra gli intervistati a conoscenza delle proposte della Commissione Smith, che è composta dai rappresentanti di tutti i principali partiti scozzesi e alcuni esperti, il 27% dichiara che l’esito dei lavori lo ha convinto ad avvicinarsi alla posizione indipendentista, e solo il 12% è più vicino all’Unione. Anche Nicola Sturgeon, leader del Partito nazionale scozzese e primo ministro della Scozia ha attaccato la bozza di legge che a suo parere “annacqua” il documento originale della Commissione, in particolare in materia di welfare, specialmente la clausola sul credito universale, la quale prevede la richiesta di un’autorizzazione al ministero britannico per la Scozia in caso di modifiche ai benefit sugli alloggi.